Circolare “Temi professionali di Diritto tributario”
n. 3/2017
a cura dell'Avv. Andrea Bugamelli
ACCERTAMENTO FISCALE
Accertamento induttivo (1):
L'accertamento induttivo è ammissibile qualora la contabilità sia del tutto inattendibile, non rilevando la presenza di lavoratori 'irregolari', soprattutto se in proporzione infima rispetto alla realtà aziendale complessivamente considerata (nella specie, la presenza di due lavoratori in nero, su un totale di 49 addetti, non era sufficiente a far scattare l'accertamento induttivo dovendo sussistere la gravità della violazione rispetto alla realtà aziendale) (cfr. Cass. civ., sez. trib., 31/01/2017 n. 2466).
Accertamento induttivo (2):
In tema di accertamento di imposte, l'attendibilità complessiva della metodologia induttiva viene meno se il suo esito confligge con le possibilità di consumo del bene rispetto alla specifica attività oggetto di esame (esclusa, nella specie, la validità dell'accertamento emesso nei confronti di un gestore di un ristorante basato su un anomalo consumo di vino rispetto a quello dichiarato tramite i ricavi) (cfr. Cass. civ., sez. trib., 18/01/2017 n. 1103).
SANZIONI AMMINISTRATIVE
La sentenza di estinzione del reato per prescrizione non è idonea, in via ordinaria, ad escludere la rilevanza penale del fatto, quale presupposto per l'eseguibilità della sanzioni amministrative ai sensi dell'art. 21, comma 2, D.Lgs. n. 74/2000 giacché l'art. 129, comma 2, c.p.p. sancisce la prevalenza, sulla declaratoria di estinzione, della formula di proscioglimento nel merito laddove risulti evidente che il fatto non sussiste o l'imputato non lo ha commesso o il fatto non costituisce reato. Ancor prima va osservato che la norma richiamata si riferisce espressamente alla sola esecuzione delle sanzioni amministrative e non anche alla loro irrogazione, comunque sempre possibile poiché, a norma del comma 1, l'ufficio competente “irroga comunque le sanzioni amministrative relative alle violazioni tributarie fatte oggetto della notizia di reato” (Cass. civ., sez. trib., 12/01/2017 n. 573).
DICHIARAZIONE
Trattamento fiscale dell'impresa familiare:
Si rivela interessante la motivazione resa con la sentenza Cass. civ., sez. trib., 31/01/2017 n. 2472 laddove ripercorre i criteri di tassazione dell'impresa familiare con un breve cenno alle questioni processuali riconnesse. Si legge che “In tema di imposte sui redditi l'applicazione del regime fiscale dell'impresa familiare postula che ricorrano le condizioni previste dall'art. 5 cit., ossia che vi sia (1) l'indicazione, nella dichiarazione dei redditi dell'imprenditore, delle quote attribuite ai singoli familiari e l'attestazione che le stesse sono proporzionate alla qualità e quantità del lavoro effettivamente prestato nell'impresa in modo continuativo e prevalente, (2) l'attestazione di ciascun partecipante, nella propria dichiarazione, di aver lavorato per l'impresa familiare in modo continuativo e prevalente, nonché (3) l'indicazione nominativa dei familiari partecipanti all'attività di impresa, risultante da atto pubblico o scrittura privata autenticata anteriore all'inizio del periodo d'imposta, regolarmente sottoscritti dall'imprenditore e dai familiari. È preclusa, pertanto, la valutazione sull'asserita riconducibilità alla norma dei maggiori ricavi emersi in via di accertamento, fermo restando, in ogni caso, che i familiari collaboratori non sono contitolari dell'impresa familiare, ed i redditi loro imputati sono reddito di puro lavoro, non assimilabili a quello di impresa. La natura individuale dell'impresa familiare e la rilevanza della posizione degli altri familiari - che prestano la loro collaborazione e il loro apporto sul piano lavorativo - esclusivamente nei rapporti interni esclude, peraltro, che sia configurabile una ipotesi di litisconsorzio necessario. Né, comunque, è mutuabile la configurazione propria delle società, la cui disciplina non può essere applicata, per incompatibilità, all'esercizio dell'impresa familiare”.
Decreto Milleproroghe:
Il Decreto legge 244/16 è stato convertito in Legge 19/2017. Tra le questioni fiscali principali si segnalano:
- allargamento del principio di derivazione rafforzata ai soggetti non-IAS adopter, risolvendo così alcune delle problematiche innescate dalle modifiche alla redazione dei bilanci civilistici ex D.Lgs. 139/2015;
- eliminazione dal 2017 l'obbligo di comunicazione dei beni concessi in uso ai soci;
- spesometro semestrale (anziché trimestrale);
- ritorno del modello Instrastat;
- eliminazione di alcuni oneri formali e dichiarativi sui contratti di locazione a canone concordato.
Irap :
I compensi pagati a terzi, i canoni di locazione e la presenza di beni strumentali non sono di per sé prove sufficienti per l'assoggettabilità ad IRAP (Cass. civ., sez. VI, 19/08/2016 n. 17221).
FISCALITÀ E PROFESSIONE
Collaborazioni e Irap:
I compensi, anche elevati, che un professionista paga ad altri consulenti non rappresentano un elemento che fa scattare automaticamente anche il pagamento dell'IRAP (Cass. civ., sez. VI, 12/10/2016 n. 20610).
FISCALITÀ E DIRITTO FALLIMENTARE
Fermo amministrativo di un credito Iva e compensazione in sede fallimentare:
Quando non vi sia contestazione né sul credito dell'amministrazione finanziaria - nella misura accertata ed ammessa al passivo fallimentare - né sul credito vantato dalla curatela, geneticamente maturato ante fallimento (e già parzialmente oggetto di compensazione con il primo), il provvedimento di fermo amministrativo dovrebbe aver esaurito la sua funzione di autotutela in via provvisoria, restando solo da verificare se ed in quali limiti l'eccezione di compensazione, che l'amministrazione finanziaria deduce di aver sollevato, possa trovare accoglimento, tenendo conto anche dell'efficacia del provvedimento parzialmente autorizzatorio reso dal Giudice Delegato per la compensazione con la sola quota privilegiata del credito erariale ammesso al passivo fallimentare. Dunque la Corte ha annullato la sentenza che aveva dichiarato l'illegittimità del fermo amministrativo di un credito Iva laddove il giudice di merito non aveva colto il nesso teleologico esistente tra il fermo amministrativo e l'istituto della compensazione fallimentare, perciò censurandone erroneamente il contrasto con il principio della par conditio creditorum, quando invece l'art. 56, comma 1, L. Fall. sulla compensazione in sede fallimentare rappresenta proprio un'ipotesi di deroga a quel principio, offrendo esso stesso al creditore concorsuale una forma di autotutela (Cass. civ., sez. VI, 29/09/2016 n. 19355).
PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO
Cessione credito imposta:
In materia tributaria, il divieto di cessione dei crediti d'imposta di cui all'art. 43-bis D.P.R. 602/1973 integra un'eccezione al principio generale della libera cedibilità dei crediti, sicché è applicabile esclusivamente ove il trasferimento sia l'oggetto del negozio concluso e non, come nell'ipotesi di cessione di azienda, ne integri un mero effetto (Cass. civ., sez. trib., 17/06/2016 n. 12552).
PROCESSO TRIBUTARIO
Utilizzo delle presunzioni:
Il fatto certo storico legittimante il procedimento logico-induttivo non deve consistere in un elemento di carattere valutativo, bensì in un evento naturalistico non controverso (Cass. civ., sez. trib., 18/01/2017 n. 1119).
DIRITTO TRIBUTARIO DELL'UNIONE EUROPEA
Convenzioni contro la doppia imposizione:
In tema di imposte sui dividendi azionari, la direttiva del Consiglio CEE n. 435 del 1990, recepita nell'ordinamento italiano con l'art. 27-bis D.P.R. 600/1973 e con il D.Lgs. 136/1993, non comporta, come si desume dall'art. 7, alcun effetto abrogativo delle precedenti convenzioni bilaterali (nella specie, di quella italo-francese), determinando con queste ultime una disciplina complessiva e complementare di contrasto della doppia imposizione dei dividendi, corrisposti dalla società figlia italiana a quella madre di altro Stato dell'Unione europea, secondo un regime opzionale di alternatività, sicché è precluso alla società madre dello Stato contraente o di altro Stato dell'Unione europea, la quale invochi lo stesso trattamento in virtù del principio di non discriminazione (nella specie, società tedesca), cumulare sia il credito d'imposta previsto dalla convenzione sia il rimborso della ritenuta diretta sui dividendi o l'esenzione di cui all'art. 27-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 (Cass. civ., sez. trib., 28/12/2016 n. 27111).
PENALE TRIBUTARIO
La fideiussione non evita il sequestro preventivo:
La funzione del sequestro preventivo, anche nel caso in cui sia finalizzato alla confisca per equivalente,
è quella di sottrarre all'autore del reato il relativo profitto, impedendogli di continuare ad usufruirne;
quindi la sottoposizione al vincolo dei beni dell'autore dell'illecito è volta non solamente
all'assolvimento dell'obbligazione tributaria quanto piuttosto alla necessità di rispettare i
principi di proporzionalità, adeguatezza e gradualità della misura cautelare.
L'eventuale presentazione di una qualche forma di garanzia fideiussoria non soddisfa la citata esigenza
cautelare; di conseguenza le somme di danaro oggetto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per
equivalente non sono suscettibili di sostituzione mediante rilascio di garanzia fideiussoria per un ammontare
corrispondente al profitto del reato.
In caso contrario verrebbe frustrata la finalità della misura cautelare, diretta a sottrarre all'indagato
la disponibilità del profitto del reato, che invece risulterebbe invariata per lo spostamento del vincolo sul
danaro del garante (Cass. pen., sez. III, 23/01/2017 n. 3094).
Particolare tenuità del fatto:
Il superamento della soglia di punibilità integra un elemento costitutivo dell'illecito di cui all'art. 10-ter D.Lgs. 74/2000, con la conseguenza che il mancato superamento implica l'assoluzione dell'imputato perché il fatto non sussiste. La tenuità dell'offesa non può essere valutata con esclusivo riferimento all'eccedenza rispetto alla soglia di punibilità introdotta ex lege, ma deve essere considerata con riferimento alla condotta nella sua interezza (Cass. pen., sez. III, 11/05/2016 n. 30397).
Prescrizione reati fiscali:
La Corte Costituzionale ha rimesso gli atti alla Corte di giustizia dell'Unione europea, in via pregiudiziale ai sensi e per gli effetti dell'art. 267 TUFU, affinché siano decise le seguenti questioni di interpretazione dell'art. 325, paragrafi 1 e 2, in merito alla prescrizione dei reati fiscali:
- se l'art. 325, paragrafi 1 e 2, TFUE debba essere interpretato nel senso di imporre al giudice penale di non applicare una normativa nazionale sulla prescrizione che osta in un numero considerevole di casi alla repressione di gravi frodi in danno degli interessi finanziari dell'Unione, ovvero che prevede termini di prescrizione più brevi per frodi che ledono gli interessi finanziari dell'Unione di quelli previsti per le frodi lesive degli interessi finanziari dello Stato, anche quando tale omessa applicazione sia priva di una base legale sufficientemente determinata;
- se l'art. 325, paragrafi 1 e 2, TFUe debba essere interpretato nel senso di imporre al giudice penale di non applicare una normativa nazionale sulla prescrizione che osta in un numero considerevole di casi alla repressione di gravi frodi in danno degli interessi finanziari dell'Unione, ovvero che prevede termini di prescrizione più brevi per frodi che ledono gli interessi finanziari dell'Unione di quelli previsti per le frodi lesive degli interessi finanziari dello Stato, anche quando nell'ordinamento dello Stato membro la prescrizione è parte del diritto penale sostanziale e soggetta al principio di legalità;
- se la sentenza della Grande Sezione della Corte di giustizia dell'Unione europea 8 settembre 2015 in causa C -105/14, Taricco, debba essere interpretata nel senso di imporre al giudice penale di non applicare una normativa nazionale sulla prescrizione che osta in un numero considerevole di casi alla repressione di gravi frodi in danno degli interessi finanziari dell'Unione europea, ovvero che prevede termini di prescrizione più brevi per frodi che ledono gli interessi finanziari dell'Unione europea di quelli previsti per le frodi lesive degli interessi finanziari dello Stato, anche quando tale omessa applicazione sia in contrasto con i principi supremi dell'ordine costituzionale dello Stato membro o con i diritti inalienabili della persona riconosciuti dalla Costituzione dello Stato membro (Corte Cost., 26/01/2017 n. 24).