Circolare “Temi professionali di Diritto tributario”
n. 12/2018
a cura dell'Avv. Andrea Bugamelli
ACCERTAMENTO
Fatturazione elettronica:
Il provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Entrate del 30/04/2018 prot. n. 8975 prevede, tra i vari,
che “In caso di attività di controllo, effettuate nel rispetto dei poteri di cui agli articoli 51 del
decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 e 32 del decreto del Presidente della Repubblica
29 settembre 1973, n. 600, l'Agenzia delle entrate e la Guardia di Finanza possono consultare le fatture
elettroniche e le note di variazione di cui al precedente punto 10.2, solo dopo aver preventivamente formalizzato
apposita comunicazione al contribuente”.
Il medesimo provvedimento specifica che “Tale modalità di acquisizione delle fatture e delle
note di variazione è effettuata al fine di arrecare la minore turbativa possibile allo svolgimento delle
attività stesse nonché alle relazioni commerciali o professionali del contribuente, ai sensi
dell'articolo 12 dello Statuto del Contribuente”.
Tuttavia, il citato art. 12, come pure gli articoli 32 D.P.R. 600/73 e 51 D.P.R. 633/72, prevedono tutta una serie di garanzie che, con questa modalità snella di acquisizione, rischiano di essere poste nel nulla.
CONTRATTUALISTICA
Iva sulla concessione beni immobili del demanio marittimo:
In tema di IVA, il rapporto di concessione di beni immobili del demanio marittimo, nell'ambito del quale un ente pubblico economico attribuisce ad un soggetto il diritto di occupare e usare, in modo anche esclusivo, il bene pubblico per una durata limitata e dietro corrispettivo, rientra nella nozione comunitaria di locazione di beni immobili (ai sensi dell'art. 13, parte B, lett. b), della sesta direttiva 77/388/CEE, nell'interpretazione fornita dalla Corte di Giustizia CE con sentenza 25 ottobre 2007, in C-174/2006, pronunciata in via pregiudiziale, ai sensi dell'art. 234 del Trattato), senza che assuma alcun rilievo il regime giuridico di diritto amministrativo del procedimento e dell'atto conclusivo, previsto dall'ordinamento italiano. Conseguentemente, in forza dell'effetto vincolante per il giudice nazionale della pronuncia resa in sede di rinvio pregiudiziale, il suddetto rapporto di concessione di beni demaniali rientra nella esenzione prevista dall' art. 10, n. 8 del d.P.R. n. 633 del 1972 per la locazione di terreni ovvero di aree diverse da quelle di parcheggio di veicoli, per le quali gli strumenti urbanistici non prevedono la destinazione edificatoria (Cass. civ., sez. trib., 31/10/2018 n. 27804).
In senso contrario pare essere la Risoluzione 1/E/10 che si richiama, anch'essa, a CGE sent. 25/10/2007 C-174/06).
Offerta al pubblico utility token:
È stata pubblicata la risposta ad interpello n. 14 del 28/09/2018
dell'Agenzia delle Entrate in merito al trattamento tributario da riservare alla vendita al pubblico dei c.d.
“utility token”, che consente al possessore di ottenere beni o servizio attraverso una
“Initial Coin Offering”, in particolare nell'ambito dei progetti di crowdfunding che
generalmente subordinano il completamento dell'operazione al raggiungimento di un certo finanziamento.
A parere dell'Agenzia delle Entrate la cessione degli utility token sia piì correttamente
riconducibile ad una mera movimentazione finanziaria, non rilevante agli effetti dell'IVA e che
l'imposta si renderà esigibile solo al momento in cui i beni saranno ceduti o i servizi prestati
con la spendita dei token (salvo modifiche normative che dovessero intervenire a seguito del recepimento
della Direttiva UE 2016/1065).
Con riferimento alle imposte sui redditi, qualora sul piano contabile l'operazione sia rappresentata come
una mera movimentazione finanziaria in applicazione dei corretti principi contabili, si ritiene che la stessa non
assuma autonoma rilevanza fiscale ai fini IRES.
La risposta all'interpello si sofferma infine sul trattamento fiscale dei compensi erogati nella forma
di token dalla Società a propri amministratori, dipendenti e, eventualmente, ad altri soggetti.
INPS
Trattenute sulle pensioni:
Con
SOCIETARIO
Corrispondenza commerciale:
In tema di imposta di registro, ai fini della configurabilità del cd. scambio di corrispondenza commerciale – soggetto a registrazione in caso d'uso – non è necessario che il rapporto epistolare si attui mediante lettere spedite e ricevute, in quanto a tale modalità puì essere equiparato “quoad effectum” lo scambio delle dichiarazioni unilaterali effettuato “brevi manu” (Cass. civ., sez. VI, 26/07/2018, n. 19799).
PROFESSIONE
Risarcimento danni del contribuente:
L'Agenzia delle Entrate deve rispettare l'obbligo di informativa su di essa gravante, volto a consentire la conoscenza agevole delle disposizioni vigenti in materia tributaria, al fine di rendere il contribuente edotto di ogni elemento idoneo a pregiudicare il riconoscimento del proprio credito; si legge in motivazione che “il danno ingiusto è stato individuato nella condotta negligente dell'amministrazione per la mancata considerazione della peculiarità del caso concreto, per la totale omissione del dovere di informativa e per avere ingenerato nel contribuente, dapprima ammesso alla tassazione favorevole sulla base di una semplice dichiarazione orale, l'affidamento legittimo che non fosse necessario altro adempimento per evitare la perdita del beneficio spettante” (Cass. civ., sez. III, 27/09/2018 n. 23163).
PENALE TRIBUTARIO
Bancarotta documentale e ruolo del consulente fiscale:
L'amministratore di una società non va esente da responsabilità per bancarotta fraudolenta
documentale nel caso in cui affidi la contabilità a soggetti forniti di specifiche cognizioni tecniche,
dipendenti o liberi professionisti, poiché ciì non lo esonera dall'obbligo di vigilare e controllare
le attività svolte dai delegati o dai consulenti; difatti esiste una presunzione semplice - superabile solo
con una rigorosa prova contraria - che i dati sono stati trascritti secondo le indicazioni fornite dal titolare
dell'impresa o dal legale rappresentante.
Ne deriva la responsabile dell'amministratore, il quale, a seguito della rinuncia all'incarico del precedente
commercialista, non provveda tempestivamente alla nomina di altro soggetto in modo da assicurare la corretta
tenuta della contabilità.
Nella bancarotta semplice l'illiceità della condotta è circoscritta alle scritture obbligatorie ed ai
libri prescritti dalla legge, nel delitto di bancarotta fraudolente documentale l'elemento oggettivo riguarda tutti i
libri e le scritture contabili genericamente intesi, a cui si aggiunge il requisito dell'impedimento della ricostruzione
del volume d'affari o del patrimonio del fallito
(Cassazione penale sez. V, 10/05/2018, n. 20798).
Bancarotta fraudolenta e debiti erariali:
L'area di disvalore della bancarotta fraudolenta patrimoniale presuppone una indebita diminuzione
dell'asse attivo, ossia un impoverimento non rispondente gli interessi dell'impresa. In questo
senso il sistematico inadempimento dei debiti erariali e/o contributivi, se, da un lato, arreca sicuri vantaggi
all'impresa sotto forma di risparmio dei relativi costi, dall'altro, aumenta ingiustificatamente
l'esposizione nei confronti dell'erario e degli enti previdenziali, così rendendo
"prevedibile il conseguente dissesto della società. Sicché certamente non puì escludere
la configurabilità della fattispecie incriminatrice in esame l'autofinanziamento operato attraverso
il mancato pagamento delle imposte e delle contribuzioni, posto che tale espressione descrive gli effetti di breve
periodo - e, in ultima analisi, la ragione pratica del comportamento -, senza per questo menomare il fondamento
degli effetti di medio periodo, in ragione della crescita esponenziale del debito.
Il movente di autofinanziamento, al contrario, non esclude l'elemento soggettivo della fattispecie, che
ha ad oggetto la coscienza e volontà delle “operazioni” che concretizzino un abuso o
un'infedeltà nell'esercizio della carica ricoperta o un atto intrinsecamente pericoloso per
la salute economico-finanziaria della società, e la prevedibilità del dissesto.
Ai fini della configurabilità del reato, inoltre, non interrompono il nesso di causalità tra
l'operazione dolosa e l'evento/fallimento della società né la preesistenza alla
condotta (o il successivo intervento) di una causa in sé efficiente del dissesto, valendo la disciplina
del concorso causale di cui all'art. 41 c.p., né il fatto che l'operazione dolosa
(o altra condotta) abbia cagionato anche solo l'aggravamento di un dissesto già in atto,
poiché la nozione di fallimento, collegata al fatto storico della sentenza che lo dichiara, è
ben distinta da quella di dissesto, la quale ha natura economica e implica un fenomeno in sé reversibile
(Cass. pen., sez. V, 1/6/2018 n. 24752).
Accertamento induttivo:
Ai fini del superamento della soglia di punibilità di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 5, spetta esclusivamente al giudice penale il compito di procedere all'accertamento e alla determinazione dell'ammontare dell'imposta evasa, attraverso una verifica che puì venire a sovrapporsi ed anche ad entrare in contraddizione con quella eventualmente effettuata dinanzi al giudice tributario, sottolineando tuttavia come, per giurisprudenza consolidata della Corte, il giudice, in tema di reati tributari, puì legittimante basarsi, per accertare la penale responsabilità dell'imputato per le omesse annotazioni obbligatorie ai fini delle imposte dirette e dell'IVA, sull'informativa della Guardia di Finanza che abbia fatto ricorso anche all'accertamento induttivo dell'imponibile quando la contabilità imposta dalla legge sia stata tenuta, come nel caso in esame, irregolarmente, con la conseguenza che anche l'accertamento induttivo compiuto dagli uffici finanziari puì, invero, rappresentare, un valido elemento di indagine per stabilire, in sede penale, se vi sia stata evasione e se questa abbia raggiunto le soglie di punibilità previste dalla legge, a condizione che il Giudice non si limiti a constatarne l'esistenza e non faccia apodittico richiamo agli elementi in essi evidenziati, ma proceda a specifica autonoma valutazione degli elementi nello stesso descritti comparandoli con quelli eventualmente acquisiti “aliunde”. (Cass. pen., sez. III, 16/07/2018, n. 32490).
Sottrazione fraudolenta di beni:
Se il ripristino della comunione di vita e d'intenti, materiale e spirituale, che costituisce il fondamento
del vincolo coniugale, fa venir meno gli effetti della separazione (consensuale o giudiziale che sia)
v'è da chiedersi veramente se e quali effetti produca l'omologa della separazione
consensuale senza che tale comunione sia mai venuta meno ed anzi in costanza della stessa. Se ne deve
dedurre che tale omologa è improduttiva di effetti e certamente non è vincolante per i coniugi i
quali non possono appellarsi, come nel caso di specie, alla natura obbligatoria dei trasferimenti patrimoniali
previsti e autorizzati nell'accordo per escluderne la natura fraudolenta. Che anzi, ai fini della sussistenza
del reato, è proprio l'evidente dissociazione tra la realtà documentata dall'atto
(l'inesistenza della comunione di vita materiale e spirituale che è causa dell'accordo di
separazione), opponibile ai terzi, e quella effettiva (l'esistenza di tale comunione), che puì
integrare gli estremi della fraudolenza richiesta dal D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 11, ai fini della sussistenza del
reato. La dissociazione tra la funzione dell'atto e la realtà concreta ne rende chiara (certamente
a livello indiziario) la natura strumentale posto che lo scopo dell'atto stesso è estraneo alla
causa concreta e alla realtà fattuale che è deputato a disciplinare. Ne consegue, anche sul
piano dell'elemento soggettivo, che, fermo quanto già detto in ordine ai limiti del suo
accertamento in sede cautelare, tale dissociazione legittima la conclusione che lo scopo perseguito dal
ricorrente fosse proprio quello ipotizzato dall'imputazione provvisoria.
Il delitto di cui all'art. 11, D.Lgs. 74/2000, ha natura di reato di pericolo concreto. Ciì
perché il riferimento alla procedura esecutiva appartiene al momento intenzionale e non alla struttura
del reato; il reato, dunque, sussiste a prescindere dalla fondatezza stessa della pretesa erariale e dagli esiti,
eventualmente favorevoli per il contribuente, del contenzioso avente ad oggetto la pretesa erariale stessa
(Cass. pen., sez. III, 16/07/2018 n. 32504).
Rateizzazione e confisca:
Nel caso di intervenuta rateizzazione del debito tributario con l'Agenzia delle Entrate, benché l'imputato non abbia espressamente richiesto la revoca della confisca in relazione al disposto di cui all'art. 12 bis, comma 2, D. Lgs. 74/2000 (secondo cui la confisca diretta o di valore dei beni costituenti profitto o prodotto del reato non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all'erario anche in presenza di sequestro), il giudice si deve porre d'ufficio la questione della sua applicazione, trattandosi di norma di carattere penale sostanziale piì favorevole, ai sensi dell'art. 2 c.p. Tanto in sede di sequestro preventivo disposto ai sensi dell'art. 321 comma 2-bis c.p.p., quanto in sede di disposizione della confisca per equivalente in relazione al profitto corrispondente ai reati fiscali, qualora sia stato perfezionato un accordo tra il contribuente e l'Amministrazione finanziaria per la rateizzazione del debito tributario e questo sia stato in parte adempiuto, l'importo della statuizione deve essere ridotto in misura corrispondente ai ratei versati per effetto della convenzione. In caso contrario, verrebbe a determinarsi una inammissibile duplicazione sanzionatoria, in contrasto con l'impostazione per cui l'ablazione definitiva di un bene non puì mai essere superiore al vantaggio economico conseguito dall'azione delittuosa (Cass. pen., sez. III, 18/07/2018 n.33389).
Circostanze attenuanti e cause di non punibilità:
In caso di reati tributari, l'integrale pagamento degli importi dovuti, comprese sanzioni amministrative
ed interessi (anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all'accertamento previste
dalle norme tributarie) comporta l'applicazione dell'art. 13-bis del DLgs. 74/2000, con la riduzione
delle pene fino alla metà, senza pene accessorie, anche per i fatti pregressi dove è intervenuta
l'apertura del dibattimento di primo grado, in quanto la disposizione in oggetto prevede un trattamento
sanzionatorio piì favorevole che deve trovare applicazione ex art. 2 comma 4 c.p. e art. 7 CEDU.
Non puì, invece, trovare applicazione la causa di non punibilità ex art. 13 comma 2 del
DLgs. 74/2000 quando, a seguito della commissione di un reato di dichiarazione infedele, manchi la prova della
presentazione della dichiarazione, anche se in ritardo, ovvero del ravvedimento operoso prima della formale
conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o di qualunque attività di accertamento amministrativo o
di procedimenti penali (Cass. pen., sez. III, 01/08/2018 n. 37083).
Omesso versamento Iva:
In caso di condanna conseguente al mancato pagamento Iva, l'imputato puì invocare l'impossibilità di adempiere il debito d'imposta, quale causa di esclusione della responsabilità penale, attraverso l'assoluzione degli oneri di allegazione concernenti sia il profilo della non imputabilità a lui medesimo della crisi economica che lo ha investito (es. mancato incasso di fatture da parte di clienti falliti), sia il profilo dell'impossibilità di fronteggiare la crisi tramite il ricorso a misure idonee (es. ricorsi per decreto ingiuntivo e insinuazione nel passivo fallimentare (oltre che in via amichevole), utilizzo di risorse patrimoniali proprie). Il riconoscimento del mancato pagamento delle fatture emesse dovrebbe condurre alla conclusione che nessun versamento IVA vi sarebbe stato e, quindi, nessun dovere di accantonamento dell'imposta, con insussistenza della condotta contestata; inoltre, la continuata emissione delle fatture non puì considerarsi una condotta idonea ad aggravare il debito tributario, in quanto si tratta di un adempimento doveroso per prestazioni effettivamente rese (Cass. pen., sez. III, 01/08/2018 n. 37089).
Indebita compensazione:
Con la fattispecie di indebita compensazione non viene sanzionato il mero inadempimento dell'obbligo
di pagamento, quanto piuttosto l'omesso versamento realizzatosi a mezzo di una indebita compensazione,
ovvero di uno strumento assai piì insidioso, in quanto di non immediata percezione per l'Erario,
il quale potrà avvedersi del vulnus recato dalla condotta illecita soltanto quando abbia verificato
l'insussistenza (ovvero la non spettanza) del credito posto in compensazione, all'esito di una non
semplice istruttoria (consistente nella individuazione di coloro i quali abbiano utilizzato, in maniera significativa,
la compensazione in maniera non marginale, nella successiva attività ispettiva finalizzata alla verifica
delle tracce documentali dell'esistenza e della spettanza del credito compensato).
In assenza di una regolamentazione che inibisca il ricorso alla compensazione di crediti da parte del coobbligato
in virtì di un accollo tributario, deve certamente ritenersi riconducibile al novero dei soggetti attivi del
delitto contestato anche il debitore accollante che proceda alla realizzazione, attraverso modello F24, di
operazioni di compensazione di crediti inesistenti
(Cass. pen., sez. III, 01/08/2018 n. 37094).