Circolare “Temi professionali di Diritto tributario”
n. 2/2018
a cura dell'Avv. Andrea Bugamelli
ACCERTAMENTO
Avviso bonario, omissione:
Con la decisione in commento la Corte di Cassazione fa il punto sul tema del rapporto tra avviso bonario e cartella di pagamento:
“In tema di riscossione delle imposte, nel caso di liquidazione in esito a controllo di dichiarazioni secondo
procedure automatizzate, l'emissione di cartella di pagamento con le modalità previste dal
D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, comma 3, - in materia di tributi diretti - e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, comma 3 -
in materia di Iva -, non è condizionata dalla preventiva comunicazione dell'esito del controllo
quando emergano solo meri errori materiali, non occorrendo pertanto in tali ipotesi l'instaurazione del contraddittorio prima dell'iscrizione a ruolo. Parimenti, quando dai controlli emerga un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione ovvero una imposta o una maggiore imposta, si è affermato che l'invio della comunicazione di irregolarità al contribuente sussiste sebbene la sua omissione determina una mera irregolarità, non precludendo, una volta ricevuta la notifica della cartella, di corrispondere quanto dovuto con riduzione della sanzione (cfr. Cass., Sez. 5, sent. n. 13759/2016; sent. 15311/2014). L'obbligo invece sussiste quando dal controllo emergano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, in tal caso determinandosi la necessità di comunicare la liquidazione d'imposta, contributi, premi e rimborsi (Cass., Sez. 5, sent. n. 17829/2016; Cass., Sez. 65, ord. n. 15740 del 2016; Cass., Sez. 6- 5, ord. n. 3154 del 2015; Cass., Sez. 5, sent. n. 17396 del 2010).
Si individuano dunque due ipotesi nei controlli eseguiti ai sensi dell'art. 36 bis, comma 3, cit.
(e dell'art. 54 bis per l'iva), quella collegabile al riscontro di meri errori materiali, primo tra tutti
l'aver dichiarato un importo di imposta, cui poi non corrisponda il conseguente versamento, oppure
l'erroneo calcolo aritmetico tra reddito percepito, oneri deducibili e detrazioni ai fini della determinazione
dell'imposta, in questo caso con il controllo automatizzato dandosi luogo alla correzione di un mero errore
che non richiede interlocuzione con il contribuente e dunque
comunicazioni preventive alla emissione della cartella; quella invece, riconducibile a controlli automatizzati che,
richiedendo non un mero ricalcolo, ma preventive rettifiche dei medesimi dati, va a sua volta distinta in due sottoipotesi,
il cui discrimine è segnato dalla presenza di incertezze su aspetti qualificabili come rilevanti o meno
della dichiarazione; in tali ipotesi la comunicazione è dovuta, ma la sua omissione può costituire
una mera irregolarità, non incidente sulla validità della cartella di pagamento successivamente
emessa, qualora le incertezze riguardino aspetti meno rilevanti della dichiarazione; oppure può incidere
più radicalmente sulla validità della procedura automatizzata di liquidazione dei tributi e sulla
successiva cartella, qualora il diverso risultato del controllo riveli incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione.
Ciò è in linea con il tenore letterale della norma, che nell'ultima parte del comma 3 prevede
che "quando a seguito della comunicazione il contribuente o il sostituto d'imposta rilevi eventuali dati o
elementi non considerati o valutati erroneamente nella liquidazione dei tributi lo stesso può fornire i
chiarimenti necessari all'amministrazione finanziaria entro i trenta giorni successivi al ricevimento della
comunicazione", periodo aggiunto dal D.Lgs. n. 32 del 2001, art. 1, comma 1, lett. a), - con cui si recepiva la
disciplina prevista e prescritta dall'art. 6, comma 5 dello statuto della L. n. 212 del 2000. Il senso del periodo
sarebbe infatti del tutto incomprensibile qualora la comunicazione non fosse ritenuta obbligatoria; essa invece
implica l'esigenza della instaurazione di un contraddittorio preventivo alla formazione del titolo esecutivo,
finalizzato anche a correggere gli esiti dei controlli eseguiti dalla amministrazione, quando a loro volta erronei.
Né la circostanza che la norma, adeguandosi allo statuto del contribuente, non abbia riprodotto la sanzione
della nullità per violazione del procedimento, è indicativa di una scelta legislativa tesa a negare
conseguenze alla mancata comunicazione, perché è principio affermato e condivisibile quello
secondo cui l'art. 6, comma 5 cit. -che obbliga all'interpello del contribuente per la liquidazione di
tributi in base alla dichiarazione o per un rimborso d'imposta minore a quello richiesto, ove sussistano
incertezze su aspetti rilevanti della stessa - ha natura procedimentale, sicché è applicabile
immediatamente all'attività accertativa posta in essere successivamente alla sua entrata in vigore,
pur se relativa ad anni d'imposta anteriori a tale momento (Cass., Sez. 5, sent. n. 17829 del 2016, cit.).
Infatti, al di là delle distanze interpretative segnalate da qualche voce della dottrina in ordine alla collocazione
dello statuto del contribuente nella gerarchia delle fonti del diritto tributario (se cioè avente forza di legge
ordinaria, come per C. Cost., sent. n. 13 del 2010, che ne nega il rango costituzionale, neppure come insieme di
norme interposte, o se vincolante perché vincola l'interprete "in forza del canone ermeneutico della
interpretazione adeguatrice a Costituzione", come per Cass., Sez. 5, sent. n. 20085 del 2009; o per Cass.,
Sez. 5, sent. n. 17576 del 2002 - interpretazione quest'ultima che comunque non sovra ordina la L. n. 212 del 2000
alle leggi ordinarie), è certo che la natura procedimentale della previsione contenuta nell'art. 6,
comma 5 cit. per un verso la rende immediatamente applicabile, secondo il principio tempus regit actum,
purché l'accertamento sia successivo alla sua entrata in vigore (ancorché relativamente
ad anni d'imposta anteriori a tale momento), e per altro verso non si pone in contrasto con la formulazione
dell'art. 36 bis, comma 3, il cui contenuto sostanziale è anzi integrato in ordine alle conseguenze
sanzionatorie per l'ipotesi di omessa comunicazione, purché nei limiti delle manifestazioni di incertezza
su aspetti rilevanti della dichiarazione” (Cass. civ, sez. trib., 24/01/2018 n. 1711).
DICHIARAZIONE
Credito di imposta non inserito in dichiarazione:
In merito al credito di imposta per incentivi alla ricerca scientifica di cui al D.M. 275/1998 si è statuito
che l'indicazione del credito in dichiarazione integra un atto negoziale in quanto diretto a manifestare la
volontà di avvalersi del beneficio fiscale in ragione dell'affermazione (che in sé sottende
anche un impegno) della rispondenza dell'attività svolta alle finalità perseguite dal legislatore.
Dunque andrebbe escluso che possa trovare spazio, con riferimento al beneficio in parola, il principio della
generale emendabilità delle dichiarazioni e ciò sia che a tale emenda si voglia procedere attraverso
dichiarazione integrativa, sia che si intenda procedere per mezzo di istanza di rimborso.
Infatti, sebbene le denunce dei redditi costituiscano di norma delle dichiarazioni di scienza, e possano quindi
essere modificate ed emendate in presenza di errori che espongano il contribuente al pagamento di tributi maggiori
di quelli effettivamente dovuti, nondimeno, quando il legislatore subordina la concessione di un beneficio fiscale
ad una precisa manifestazione di volontà del contribuente, da compiersi direttamente nella dichiarazione
attraverso la compilazione di un modulo predisposto dall'erario, la dichiarazione assume per questa parte
il valore di un atto negoziale, come tale irretrattabile, anche in caso di errore, salvo che il contribuente dimostri
che questo fosse conosciuto o conoscibile dall'amministrazione
(Cass. civ., sez. trib., 15/12/2017 n. 30172).
PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO TRIBUTARIO
Rimborso Iva non dovuta:
La Legge europea 2017 (L. 20 novembre 2017, n. 167) ha inserito l'art. 30-ter D.P.R. 633/72, ai sensi del quale:
≪ 1. Il soggetto passivo presenta la domanda di restituzione dell'imposta non dovuta, a pena di decadenza,
entro il termine di due anni dalla data del versamento della medesima ovvero, se successivo, dal giorno in cui
si è verificato il presupposto per la restituzione.
2. Nel caso di applicazione di un'imposta non dovuta ad una cessione di beni o ad una prestazione di servizi,
accertata in via definitiva dall'Amministrazione finanziaria, la domanda di restituzione può essere
presentata dal cedente o prestatore entro il termine di due anni dall'avvenuta restituzione al cessionario o
committente dell'importo pagato a titolo di rivalsa.
3. La restituzione dell'imposta è esclusa qualora il versamento sia avvenuto in un contesto di frode fiscale ≫
Diritto doganale, contraddittorio:
L'art. 22, par. 6, Reg. UE 09/10/2013 n. 952 (Codice doganale dell'Unione ) prevede il contraddittorio preventivo quando possono emergere conseguenze pregiudizievoli per il contribuente in ambito doganale ed esattamente che:
≪ Prima di prendere una decisione che abbia conseguenze sfavorevoli per il richiedente, le autorità doganali comunicano le motivazioni su cui intendono basare la decisione al richiedente, cui è data la possibilità di esprimere il proprio punto di vista entro un dato termine a decorrere dalla data in cui il richiedente riceve la comunicazione o si ritiene l'abbia ricevuta. Dopo la scadenza di detto termine, la decisione è notificata nella debita forma al richiedente ≫
Notifica di più atti con una stessa raccomandata:
In caso di notifica di cartella di pagamento a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, ove l'involucro
contenga plurime cartelle e il destinatario ne riconosca solo una, è necessario, perché operi la
presunzione di conoscenza posta dall'art. 1335 cod. civ., che l'autore della comunicazione fornisca
la prova che l'involucro le conteneva, atteso che, secondo l' id quod plerumque accidit, ad ogni atto
da comunicare corrisponde una singola spedizione.
A tale fine l'indicazione dei numeri delle cartelle sull'avviso di ricevimento, pur non assumendo
fede privilegiata, visto che vi provvede non l'agente postale ma lo stesso mittente, ha valore sul piano
presuntivo ed ai fini del giudizio sul riparto dell'onere della prova
(Cass. civ., sez. trib., 27/10/2017 n. 25598).
SOCIETARIO
Scissione:
La Risoluzione n. 98/E/2017 dell'Agenzia delle Entrate ha affrontato la problematica sui possibili profili di abuso del diritto nelle operazioni di scissione, in particolare su scissioni non proporzionali che coinvolgono operazioni immobiliari.
PENALE TRIBUTARIO
Liquidatore e omesso versamento Iva:
Risponde del reato di omesso versamento IVA, anche solo a titolo di dolo eventuale, il liquidatore che, in carica
di nove mesi prima della scadenza del termine penalmente rilevante, non effettua il relativo versamento nonostante,
in relazione alla richiesta di concordato preventivo (non omologato), l'inventario del commissario giudiziale
segnalasse l'esistenza della liquidità necessaria per adempiere al pagamento dell'imposta.
Infatti il commissario giudiziale non assume alcun potere di gestione dell'impresa ed è il liquidatore
onerato dal provvedere agli obblighi in nome e per conto della società, tanto più che in quella
vicenda la proposta di concordato prevedeva il mantenimento in vita dell'attività all'esito
della cessione di un solo ramo aziendale di modo che implicava di per sé il mantenimento dei doveri in
capo al liquidatore di effettuare i relativi adempimenti IVA (Cass. pen., sez. III, 13/09/2017 n. 41594).
Non punibilità delle valutazioni:
L'attribuzione del valore alle giacenze di magazzino ha tendenzialmente carattere valutativo e si rende applicabile la causa di non punibilità di cui all'art. 4, comma 1-ter, DLgs. 74/2000. Difatti le giacenze sono il frutto di una valutazione, da parte dell'imprenditore, che tiene conto di una serie di fattori che incidono sulla corretta individuazione del loro valore reale o consistenza; il deterioramento, la vetustà, l'obsolescenza e la deperibilità incidono sul valore ma implicano di per sé una valutazione e non la rappresentazione di un mero dato numerico obiettivo (Cass. pen., sez. III, 22/09/2017 n. 43817).
Dichiarazione fraudolenta:
L'operazione con la quale si riversano la maggior parte dei ricavi realizzati da una società italiana su società inglesi all'uopo costituite, così da abbattere il reddito, si traduce in un falso impianto contabile realizzato attraverso un'apparenza negoziale, ovverosia le società schermo alle quali la società italiana fatturava senza mai richiedere loro il pagamento, che integra l'ipotesi di reato della dichiarazione fraudolenta (Cass. pen., sez. III, 16/03/2017 n. 37422).
Patteggiamento:
È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 2 bis, d.lg. n. 74 del 2000, introdotto dal d.lg. 24 settembre 2015 n. 158, nella parte in cui subordina la presentazione della richiesta di patteggiamento alla integrale estinzione del debito tributario in relazione agli artt. 3, 10, 24 e 113 cost., in quanto non vulnera il nucleo del diritto di difesa, non potendo considerarsi la facoltà di accedere al rito alternativo una condizione indispensabile per la sua efficace tutela, non rappresenta una limitazione della tutela giurisdizionale avverso la pretesa erariale, non essendo configurabile alcuna pregiudiziale tributaria e spettando esclusivamente al giudice penale il compito di accertare l'ammontare dell'imposta evasa, né viola il diritto ad un equo processo ed a non essere giudicati o puniti due volte per lo stesso fatto sancito dall'art. 6 Cedu, essendo piuttosto pienamente in linea con gli obblighi internazionali dello Stato (Cass. pen., sez. III, 01/08/2017 n. 38210).
Misure di prevenzione, pericolosità sociale:
La Corte si è soffermata, con una sentenza assai articolata, sul concetto di pericolosità in relazione alle misure di prevenzione, con specifico riguardo ai reati fiscali (Cass. pen., sez. VI, 21/11/2017 n. 53003).
Operazioni inesistenti:
Con riguardo alle imposte dirette, l'effettiva esistenza dell'operazione e del conseguente esborso economico, corrispondente a quanto dichiarato, esclude il carattere fittizio degli elementi passivi indicati nella dichiarazione, a nulla rilevando in linea di massima che il destinatario degli stessi sia un soggetto diverso da quello reale; con riguardo invece all'Iva la detrazione è ammessa solo in presenza di fatture provenienti dal soggetto che ha effettuato la prestazione, giacché tutto il sistema del pagamento e del recupero della imposta si basa sul presupposto che la stessa sia versata a chi ha effettuato prestazioni imponibili mentre il versamento dell'imposta ad un soggetto non operativo o diverso da quello effettivo consentirebbe un recupero indebito dell'Iva stessa. Di qui, dunque, la conseguenza che l'evasione Iva può essere configurata anche in presenza di costi effettivamente sostenuti. Inoltre la Corte ha altresì ribadito che in tema di reati tributari commessi dal legale rappresentante di una persona giuridica, il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente non può essere disposto sui beni dell'ente, ad eccezione del caso in cui questo sia privo di autonomia e rappresenti solo uno schermo attraverso il quale il reo agisca come effettivo titolare dei beni (Cass. pen., 22/11/2017, n. 53146).
Operazioni inesistenti:
Il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2, D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74) è configurabile anche nel caso in cui la falsa documentazione venga creata dal medesimo utilizzatore che la faccia apparire come proveniente da terzi, poiché la "ratio" del reato di frode fiscale risiede nel fatto di punire colui che artificiosamente si precostituisce dei costi sostenuti al fine di abbattere l'imponibile, e non presuppone il concorso del terzo (Cass. pen., sez. fer., 31/08/2017 n. 47603).
Omessa presentazione dichiarazioni contributive:
La fattispecie di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 37, punisce l'omissione della presentazione delle dichiarazioni contributive dalla quale sia derivato un omesso versamento di contributi per un importo superiore a quello indicato nella legge. La norma precettiva non presuppone l'avvenuta corresponsione delle retribuzioni ai lavoratori; il presupposto del reato di omessa denuncia di dati obbligatori è rappresentato dalla costituzione del rapporto di lavoro da cui deriva l'obbligo contributivo e non dall'effettiva corresponsione della retribuzione (Cass. pen., sez. III, 15/12/2017 n. 56077).