Circolare “Temi professionali di Diritto tributario”

n. 3/2018

a cura dell'Avv. Andrea Bugamelli

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ACCERTAMENTO FISCALE

Inerenza dei costi:

Con questa importante pronuncia la Corte di Cassazione ha precisato i confini dell'inerenza:

“l'inerenza esprime la riferibilità del costo sostenuto all'attività d'impresa, anche se in via indiretta, potenziale od in proiezione futura, escludendo i costi che si collocano in una sfera estranea all'esercizio dell'impresa (giudizio qualitativo oggettivo).
Va disattesa la definizione della nozione dell'inerenza, utilizzata da parte della giurisprudenza di questa Corte, formulata in termini di suscettibilità, anche solo potenziale, di arrecare, direttamente e indirettamente, una utilità all'attività d'impresa, e costituente requisito generale della deducibilità dei costi, con richiamo dal predetto art. 75; tale orientamento, se, da un lato, correla l'inerenza al rapporto tra costi e attività d'impresa (non riducibile, perciò, ad una relazione necessaria del costo con il reddito o con i ricavi), dall'altro pone erroneamente un necessario legame tra il costo e l'attività d'impresa secondo un parametro d'utilità, all'interno di una relazione deterministica che sottende rapporti di causalità. In altri termini, secondo la tesi criticata, l'utilità deve essere apprezzata considerando anche la dimensione quantitativa della spesa, per cui un costo potrebbe essere inerente anche solo in parte.
Tuttavia, come sopra accennato, l'impiego del criterio utilitaristico non giova alla corretta esegesi della nozione di inerenza, in quanto il concetto aziendalistico e quello civilistico di spesa non sono necessariamente legati all'elemento dell'utilità, essendo configurabile quale costo anche ciò che, nel singolo caso, non reca utilità all'attività d'impresa. Viceversa, l'inerenza deve essere apprezzata attraverso un giudizio qualitativo, scevro da riferimenti ai concetti di utilità o vantaggio, afferenti ad un giudizio quantitativo, e deve essere distinta anche dalla nozione di congruità del costo.
In questo quadro concettuale, occorre precisare che l'evidenziazione di un comportamento antieconomico in relazione all'imposta sui redditi e dell'iva non può giustificarsi identificando l'inerenza con la sproporzione o l'incongruità dei costi: si è già visto, infatti, che l'inerenza si risolve in un giudizio qualitativo, non quantitativo, e non si ricollega all'art. 75 Tuir (ora 109), ma è strettamente correlata alla nozione stessa di reddito d'impresa” (Cass. civ. sez. trib., 11/01/2018 n. 450).

SANZIONI AMMINISTRATIVE

Omessi versamenti:

Le violazioni tributarie che si esauriscono nel tardivo od omesso versamento dell'imposta risultante dalla dichiarazione fiscale non sono soggette all'istituto della continuazione disciplinato dall'art. 12 comma 2, D.Lgs. n. 472 del 1997, perché questo concerne le violazioni potenzialmente incidenti sulla determinazione dell'imponibile o sulla liquidazione del tributo, mentre il ritardo o l'omissione del pagamento è una violazione che attiene all'imposta già liquidata, per la quale il D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, dispone un trattamento sanzionatorio proporzionale ed autonomo per ciascun mancato pagamento (Cass. civ., sez. trib., 15/11/2017 n. 27068).

DIRITTO TRIBUTARIO DELL'UNIONE EUROPEA

Abuso del diritto:

La Corte di Giustizia si è espressa sul tema in oggetto, con particolare riguardo a contratti immobiliari, con i seguenti dispositivi (CGE, sent. 22/11/2017, causa C-251/16):

  1. Il principio del divieto di pratiche abusive deve essere interpretato nel senso che, indipendentemente da una misura nazionale che gli dia attuazione nell'ordinamento giuridico interno, può essere direttamente applicato al fine di escludere l'esenzione dall'imposta sul valore aggiunto di vendite di beni immobili come quelle di cui trattasi nel procedimento principale, realizzate prima della pronuncia della sentenza del 21 febbraio 2006, Halifax e a. (C-255/02, EU:C:2006:121), senza che vi ostino i principi della certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento.
  2. La sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, deve essere interpretata nel senso che, nel caso in cui le operazioni di cui al procedimento principale debbano essere oggetto di ridefinizione in applicazione del principio del divieto di pratiche abusive, quelle tra tali operazioni che non costituiscono una siffatta pratica possono essere soggette all'imposta sul valore aggiunto sulla base delle pertinenti disposizioni della normativa nazionale che prevedono tale assoggettamento.
  3. Il principio del divieto di pratiche abusive deve essere interpretato nel senso che, al fine di determinare, sulla base del punto 75 della sentenza del 21 febbraio 2006, Halifax e a. (C-255/02, EU:C:2006:121), se lo scopo essenziale delle operazioni di cui al procedimento principale sia o meno il conseguimento di un vantaggio fiscale, occorre prendere in considerazione in maniera isolata l'obiettivo dei contratti di locazione anteriori alle vendite di beni immobili di cui al procedimento principale.
  4. Il principio del divieto di pratiche abusive deve essere interpretato nel senso che cessioni di beni immobili come quelle di cui al procedimento principale possono comportare l'ottenimento di un vantaggio fiscale contrario all'obiettivo delle pertinenti disposizioni della sesta direttiva 77/388/CEE, nel caso in cui tali beni immobili, prima della loro vendita ad acquirenti terzi, non fossero ancora stati oggetto di un utilizzo effettivo da parte del proprietario o del locatario. Spetta al giudice del rinvio verificare se tale sia la situazione nel procedimento principale.
  5. Il principio del divieto di pratiche abusive deve essere interpretato nel senso che esso trova applicazione in una situazione come quella di cui al procedimento principale, che riguarda l'eventuale esenzione dall'imposta sul valore aggiunto di un'operazione di cessione di beni immobili.


Detrazione e fornitore con partita Iva inattiva:

La Corte di Giustizia riconosce la possibilità di detrarre Iva anche nell'ipotesi in cui il fornitore del servizio sia titolare di una partita Iva inattiva, dovendo essere consentito al soggetto passivo destinatario del servizio di provare l'assenza di evasione.

“La direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale, come quella in discussione nel procedimento principale, in forza della quale è negato a un soggetto passivo il diritto alla detrazione dell'imposta sul valore aggiunto con la motivazione che l'operatore che gli aveva fornito una prestazione di servizi dietro fattura, nella quale sono indicate distintamente la spesa e l'imposta sul valore aggiunto, è stato dichiarato inattivo dall'amministrazione tributaria di uno Stato membro, essendo detta dichiarazione di inattività pubblica e accessibile su Internet a qualsiasi soggetto passivo in tale Stato, quando siffatto diniego del diritto alla detrazione è sistematico e definitivo, non consentendo che sia fornita la prova dell'assenza di evasione o di perdita di gettito fiscale” (CGE, sent. 14/10/2017, causa n. C- 101/16).

TRIBUTI LOCALI

Occupazione suolo pubblico da parte dell'appaltatore di servizio comunale:

La società che ha in concessione dal Comune l'appalto per la raccolta dei rifiuti deve assolvere la la Tosap sui cassonetti posizionati nelle strade.
Infatti non può applicarsi l'esenzione prevista dall'art. 49, comma 1 lett. a), D.Lgs. n. 507 del 1993, che è configurabile quando ad effettuare l'occupazione è direttamente uno degli Enti ivi indicati, e ricorra, tra le altre, una finalità sanitaria. Nella fattispecie non si sono ravvisate tali finalità, né si tratta di occupazione effettuata direttamente dal Comune; trattasi, invece, di esecuzione del servizio di raccolta di rifiuti, per conto del Comune, nelle forme dell'appalto, in cui la strada non costituisce l'oggetto dell'intervento appaltato, ma viene occupata ai fini dell'appalto (Cass. civ., sez. trib., 27/09/2017 n. 22490).

RISCOSSIONE

Blocco pagamenti:

La legge di stabilità 2018 riduce la soglia sopra la quale scatta il blocco dei pagamenti effettuati dalla p.a. allorquando il creditore abbia debiti fiscali, che passa da 10.000 a 5.000 euro (art. 1, comma 986, L 205/2017, che va a modificare l'art. 48-bis D.P.R. 602/73).


Sospensione accertamento e cartella:

Afferma la Corte di Cassazione, con sentenza che invero desta qualche perplessità, che la cartella è solo un atto prodromico all'esecuzione ed ha un carattere meramente consequenziale rispetto agli avvisi di accertamento: ne discende che la sospensione dell'atto impositivo, concernendo l'esecuzione, non spiega diretti effetti sulla cartella, che è atto prodromico dell'esecuzione, di guisa che la cartella, ove impugnata, avrebbe dovuto essere a sua volta oggetto di richiesta di sospensione qualora la parte avesse ritenuto che potesse derivarle un danno grave ed irreparabile richiesta che nel caso di specie non sembra essere stata avanzata (Cass. civ., sez. trib., 20/12/2017 n. 30584).

PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO

Interpello probatorio:

L'interpello probatorio consente al contribuente di interpellare l'Amministrazione finanziaria al fine di ottenere una risposta riguardante una fattispecie concreta e personale relativamente. Tra i casi espressamente previsti dalla legge vi sono: applicazione del regime di aiuto alla crescita economica ex articolo 1 D.L. 201/2011; società di comodo ex articolo 30 L. 724/1994; partecipazioni acquisite per il recupero di crediti bancari ex articolo 113 D.P.R. 917/1986; permanenza nel regime del consolidato nazionale ex articolo 124 D.P.R. 917/1986; accesso al regime del consolidato mondiale ex articolo 130 D.P.R. 917/1986; applicazione del regime delle imprese estere controllate ex articolo 167 D.P.R. 917/1986. Peraltro, il contribuente può presentare un'istanza per dimostrare la sussistenza delle condizioni per la non applicazione della disciplina CFC (Controlled foreign companies).

PROFESSIONE

Enoturismo:

L'enoturismo, ai sensi dell'art. 1, comma 502, L. 205/2017, consiste in “tutte le attività di conoscenza del vino espletate nel luogo di produzione, le visite nei luoghi di coltura, di produzione o di esposizione degli strumenti utili alla coltivazione della vite, la degustazione e la commercializzazione delle produzioni viticole aziendali, anche in abbinamento ad alimenti, le iniziative a carattere didattico e ricreativo nell'ambito delle cantine.”; il successivo comma 503 prevede, ai fini fiscali, che “Allo svolgimento dell'attività enoturistica si applicano le disposizioni fiscali di cui all'articolo 5 della legge 30 dicembre 1991, n. 413”, richiamandosi quindi alle regole dell'attività agrituristica. Ne deriva che, ai fini della detrazione Iva, la stessa si calcola in misura forfettaria, pari al 50% dell'imponibile originatosi, sempre che però il soggetto rientri tra quelli esercenti l'attività agricola di cui agli artt. 295 e ss, Direttiva 2006/112/CE.

PENALE TRIBUTARIO

Concetto di profitto nel sequestro:

Nei reati tributari il profitto è identificabile con qualsivoglia vantaggio patrimoniale direttamente conseguito alla consumazione del reato e può, dunque, consistere anche in un risparmio di spesa, come quello derivante dal mancato pagamento del tributo, interessi, sanzioni dovuti a seguito dell'accertamento del debito tributario. Quando il sequestro cd. diretto del profitto del reato tributario non sia possibile nei confronti della società, non è consentito nei confronti dell'ente collettivo il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, salvo che la persona giuridica costituisca uno schermo fittizio poiché i reati tributari non sono ricompresi nella lista del D.Lgs. n. 231 del 2001 tra quelli che consentono il sequestro per equivalente nei confronti di una persona giuridica (Cass. pen., sez. III, 09/01/2018 n. 267).


Responsabilità del consulente:

In tema di reati tributari, è responsabile a titolo di concorso il consulente fiscale per la violazione tributaria commessa dal cliente (nella specie, per il delitto di indebita compensazione), quando il primo sia l'ispiratore della frode, ed anche se solo il cliente abbia beneficiato della operazione fiscalmente illecita (Cass. pen., sez. III, 18/01/2018 n. 1999).


Sequestro contro il consulente:

Nel valutare la possibilità di comminare contro il consulente il sequestro, a seguito dell'aggravante di cui all'art. 13-bis, comma 3, D.Lgs. n. 74 del 2000, in relazione alla elaborazione o commercializzazione di modelli di evasione fiscale, è richiesta una particolare modalità della condotta, ovverosia la serialità che, se pur non prevista espressamente nell'articolo, è desumibile dalla glossa “elaborazione o commercializzazione di modelli di evasione”, rappresentativa di una certa abitualità e ripetitività della condotta incriminata (Cass. pen., sez. III, 18/01/2018 n. 1999).


Responsabilità del prestanome:

Del reato di omessa presentazione della dichiarazione ai fini delle imposte dirette o IVA l'amministratore di fatto risponde quale autore principale, in quanto titolare effettivo della gestione sociale e, pertanto, nelle condizioni di poter compiere l'azione dovuta, mentre l'amministratore di diritto, quale mero prestanome, è responsabile a titolo di concorso per omesso impedimento dell'evento, a condizione che ricorra l'elemento soggettivo richiesto dalla norma incriminatrice, ossia che il prestanome abbia agito col fine specifico di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero di consentire l'evasione fiscale di terzi. Proprio perché il più delle volte il prestanome non ha alcun potere d'ingerenza nella gestione della società per addebitargli il concorso, è possibile far ricorso alla figura del dolo eventuale posto che il prestanome, accettando la carica, ha anche accettato i rischi connessi ad essa (Cass. pen., sez. III, 16/01/2018 n. 1590).


Stabile organizzazione:

La Cassazione penale si sofferma sul tema della stabile organizzazione in Italia, che ha l'obbligo di presentare la dichiarazione annuale Iva.
La stabile organizzazione in Italia della società formalmente residente all'estero deve essere desunta da elementi fattuali rilevanti ai fini dell'accertamento della presenza in Italia della sede delle decisioni strategiche, industriali e finanziarie (c.d. alta amministrazione), nonché di quelle più rilevanti dell'amministrazione della società; in altri termini la conduzione in Italia dell'attività costituente l'oggetto sociale della medesima.
Quando ricorrono il requisito oggettivo dell'esercizio abituale di un'attività commerciale e quello territoriale della stabilità in Italia di una organizzazione del soggetto non residente, gli obblighi e i diritti relativi alle operazioni effettuate da o nei confronti della stabile organizzazione non possono essere adempiuti o esercitati, nei modi ordinari, dal soggetto non residente, direttamente o tramite un suo rappresentante fiscale. La stabile organizzazione nello Stato, infatti, in quanto obbligata al pagamento ed alla rivalsa dell'imposta, oltre che al rispetto dei doveri formali di fatturazione delle operazioni attive e di registrazione delle fatture passive, costituisce in tal caso l'unico centro di imputazione fiscale delle operazioni riferibili al soggetto non residente e la stessa rappresenta anche la sola legittimata a presentare la dichiarazione annuale.
L'obbligo di presentare la dichiarazione non sussiste solo quando la sede della direzione effettiva della società non è situata nel territorio italiano, atteso anche quanto previsto dalle norme internazionali contro le doppie imposizioni fiscali (Cass. pen., sez. III, 22/01/2018 n. 2407).

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