Il procedimento per decreto ingiuntivo europeo, obbligatorietà delle difesa tecnica e credito derivante da clausola penale.

di Andrea Bugamelli, Avvocato tributarista e pubblicista economico - Studio legale tributario Lo Giudice - Roma.

Torna al Diritto Europeo dei Tributi


La normativa europea. Il Regolamento (Ce) n. 1896/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2006, ha istituito il procedimento europeo d'ingiunzione di pagamento, che snellisce in modo sensibile la riscossione del credito, in virtù dell'abolizione dell'exequatur (art. 19).
Il creditore, il quale abbia optato per tale procedimento e ottenuto l'ingiunzione di pagamento europea dall'autorità giudiziaria di uno Stato membro (detto di origine), non deve promuovere apposita istanza all'autorità giudiziaria dello Stato membro ove intende agire esecutivamente. Infatti, in via generale, l'art. 38 del Regolamento (Ce) n. 44/2001 prescrive che “le decisioni emesse in uno Stato membro e ivi esecutive sono eseguite in un altro Stato membro dopo essere state ivi dichiarate esecutive su istanza della parte interessata, come altrimenti prescritto dagli artt. 39 e ss.” del medesimo Regolamento n. 44/2001.
Tale procedimento di riconoscimento, c.d. exequatur, è invece abolito per l'ingiunzione europea di pagamento che gode di riconoscimento automatico nello Stato membro di esecuzione e il creditore potrà agire esecutivamente come se fosse dotato di titolo esecutivo formato nello Stato di esecuzione.
Per converso il debitore non può opporsi o contrastare il riconoscimento automatico del decreto ingiuntivo europeo, essendo onerato di proporre opposizione avanti al giudice dello Stato membro che lo ha emesso.
Va precisato che il Regolamento n. 1896/01 non ha istituito uno strumento di tipo esclusivo, mantenendo salva la facoltà del creditore di optare per gli altri strumenti processuali, ancorchè, come detto, la deroga all'exequatur, renda il decreto ingiuntivo europeo il veicolo privilegiato per la soddisfazione del credito.

Facoltatività della difesa tecnica. Per quanto concerne le spese del giudizio, l'art. 25 par. 2 consente la liquidazione in decreto delle “spese e diritti da pagarsi al giudice”, mentre sono escluse le competenze professionali giacché “la rappresentanza da parte di un avvocato o di un altro professionista del settore legale non è obbligatoria: a) né per il ricorrente relativamente all'ingiunzione di pagamento europea, b) né per il convenuto relativamente all'opposizione contro un'ingiunzione di pagamento europea” (art. 24).
Dunque, potendo la parte difendersi da sé, l'assistenza di un avvocato è facoltativa e le relaive spese rimangono a carico del ricorrente.
L'art. 24 del Regolamento pone due interrogativi.
In primo luogo se l'art. 24 del Regolamento sia compatibile con la legislazione nazionale che impone l'obbligatorietà della difesa tecnica quale espressione dell'art. 24 della Costituzione sul diritto di difesa. Invero le modalità attraverso cui è articolato il procedimento, laddove è previsto un contraddittorio tra giudice e ricorrente al fine di integrare la domanda e i documenti ovvero di rimodulare l'entità dell'ingiunzione, sembra offrire un sufficiente grado di tutela giurisdizionale. La stessa conclusione può trarsi sul versante soggettivo del debitore poiché l'opposizione è validamente proposta semplicemente indicando che si “contesta il credito senza essere tenuto a precisare le ragioni” (art. 16 par. 3); inoltre l'ingiunzione contiene tra i requisiti minimi l'avvertimento al convenuto dell'onere di presentare opposizione a pena di esecutività dell'ingiunzione (art. 12 par. 4).
Al contempo il Regolamento fornisce di moduli standard, sia per quanto concerne gli atti delle parti private, sia per le comunicazioni interinali del giudice, sia per i suoi provvedimenti. Aspetto non secondario, il modulo per presentare l'opposizione è allegato e notificato unitamente all'ingiunzione (art. 16 par. 1). Infine la presentazione del ricorso e della opposizione possono avvenire indifferentemente «su supporto cartaceo o tramite qualsiasi altro mezzo di comunicazione, anche elettronico” (art. 7 par. 5 e art. 16 par. 4)
Tali considerazioni inducono a reputare la facoltatività della difesa tecnica ex art. 24 del Regolamento in linea con i principi costituzionali del nostro ordinamento, non ravvisandosi una menomazione del diritto di difesa, né un profilo di irragionevolezza laddove l'obiettivo di risparmio dei costi per gli utenti viene equilibrato dalla compressione delle formalità.

Si entra così nel secondo interrogativo sull'art. 24, se cioè, successivamente alla proposizione dell'opposizione, si innesti l'obbligo della difesa tecnica secondo quanto previsto dalla legislazione dello Stato d'origine.
Ora, il procedimento in senso stretto di ingiunzione europea si connota per l'estremo a-formalismo tanto che il n. 16 dei “considerando” del Regolamento precisa che “non dovrebbe essere necessario che sia un giudice ad effettuare l'esame”, rimettendo allo Stato d'origine l'eventuale attribuzione della competenza ad altri soggetti appartenenti all'Autorità giudiziaria, quale potrebbe essere un cancelliere. In questa prima fase, nella quale viene richiesta ed emessa l'ingiunzione, nonché ricevuta l'eventuale opposizione, le parti possono decidere di non farsi assistere dal legale.
Diversamente, l'art. 17 par. 1 dispone che se viene presentata opposizione “il procedimento prosegue dinanzi ai giudici competenti dello Stato membro d'origine applicando le norme di procedura civile ordinaria”; dunque il giudizio di merito successivo alla opposizione rientra nei ranghi del procedimento ordinario e ne subisce regole e limitazioni compresa quella, deve ritenersi, della irrinunziabilità della difesa tecnica, per lo meno in Italia (e sempre che non si tratti di una causa incardinata avanti al Giudice di Pace per un valore sino ad € 1.100,00, soglia entro la quale l’art. 82 c.p.c. ammette la difesa personale).

Credito attivabile e clausola penale. Diversamente dalla disciplina nazionale di cui agli articoli 633 e ss. Cod. Proc. Civ., l'ingiunzione europea può avere ad oggetto esclusivamente “crediti pecuniari” (art. 4 Regolamento) ed è escluso che possa intimare la consegna di beni o documenti.
Nondimeno, ai sensi dell'art. 7 par. 2, in aggiunta alla sorte capitale del credito, l'istante può chiedere “gli interessi, le penalità contrattuali e le spese”.
In ordine alle spese si è già detto sopra. Ci si soffermerà invece sull'attivazione, tramite decreto ingiuntivo europeo, della clausola penale, costruendo un parallelo con la giurisprudenza nazionale.
La Corte di Cassazione ha da tempo recepito il principio di riduzione ex officio della clausola penale manifestamente eccessiva ai sensi dell'art. 1384 Cod. Civ. (Cass. civ., SS.UU. 13/09/2005 n. 18128). La riduzione d'ufficio da parte del giudice della penale è posta a salvaguardia dell'interesse generale dell'ordinamento sì da evitare che l'autonomia contrattuale travalichi i limiti entro i quali la tutela delle posizioni soggettive delle parti appare meritevole di tutela.
Con decreto 18/04/2014 il Tribunale di Ancona ha ravvisato la manifesta eccessività della clausola penale, oggetto del ricorso monitorio, e respinto la relativa domanda poiché “la tutela dell'interesse generale dell'ordinamento, per il quale è previsto un potere officioso del Giudice, non può trovare limitazioni dipendenti dal procedimento giurisdizionale instaurato dal creditore (…) infatti non è ammissibile l'adozione di un provvedimento giurisdizionale di ingiunzione di pagamento in contrasto con l'interesse generale dell'ordinamento (...) il Giudice non potrebbe adottare il provvedimento monitorio né per l'importo di cui alla penale né per altro importo; ed infatti in sede monitoria il Giudice non può ridurre la penale in quanto in tale modo il credito perderebbe il carattere della liquidità”.
In questa sede non ci si soffermerà sulla problematica interna all'ordinamento nazionale se il giudice possa o meno valutare l'eccessività della penale in seno ad un procedimento sommario o debba piuttosto rinviare l'accertamento al successivo ed eventuale giudizio di opposizione e se il giudice del procedimento monitorio possa addirittura disapplicare la clausola penale, ipotesi neppure non contemplata dall'art. 1384 Cod. Civ. ai sensi del quale
La questione sulla clausola penale merita invece di essere traslata sul procedimento di ingiunzione europea.

Ipotizzando che lo Stato membro di origine, diverso dall'Italia, emani un'ingiunzione europea di pagamento in forza di clausola penale da mettere in esecuzione in Italia, sorge l'interrogativo se il giudice nazionale possa disconoscere l'efficacia dell'ingiunzione, qualora ritenga la clausola manifestamente eccessiva, applicando i medesimi principi di cui sopra.
In senso certamente contrario sta l'abolizione dell'exequatur ai sensi dell'art. 19 del Regolamento n. 44/2001 di cui si è parlato, che non pone limitazioni in questo senso e lascia alla fase di opposizione la valutazione sul merito della questione.
Del resto, se fosse possibile impedire l'ingresso dell'ingiunzione europea per superiori ragioni di ordine pubblico, verrebbe in sostanza reintrodotto l'exequatur e sovvertito il mutuo riconoscimento dei provvedimenti giudiziali, mentre invece, nello stretto ambito del procedimento de quo, il legislatore europeo esclude che possano susstere simili contrasti tra ordinamenti nazionali. Il che spiega anche il motivo per il quale l'ingiunzione europea può avere ad oggetto solamente crediti pecuniari.
In buona sostanza, lo sbarramento del provvedimento giurisdizionale di uno Stato membro è contrario alle finalità del citato Regolamento, enucleate nei considerando n. 1 (“l'obiettivo di conservare e sviluppare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, nel quale sia garantita la libera circolazione delle persone. Per realizzare gradualmente tale spazio è opportuno che la Comunità adotti, tra l'altro, le misure nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile”) e n. 6 (“obiettivo della libera circolazione delle decisioni in materia civile e commerciale“).
A parti invertite si dovrebbe concludere che se il giudice italiano non può privare dell'esecutività l'ingiunzione europea avente ad oggetto la clausola penale ritenuta manifestamente eccessiva, non può neppure negare l'emissione dell'ingiunzione creandosi altrimenti una forma di discriminazione a carico della parte che si rivolge al giudice italiano, di fronte al quale soggiace a limiti maggiori rispetto al suo corrispondente il quale si rivolga ad altro Stato membro nel cui ordinamento non operi una disposizione uguale o simile all'art. 1384 Cod. civ.
In conclusione, il giudice italiano richiesto di rilasciare l'ingiunzione europea sulla base di una clausola penale non pare possa negare il provvedimento qualora ravvisi la manifesta eccessività della clausola, lasciando la questione all'eventuale giudizio di merito da instaurare a seguito di opposizione, nel qual caso l'entità della penale potrà essere anche dichiarata d'ufficio, riducendone l'ammontare.

Ciò significa che l'ordinamento interno accoglie e riconosce in via automatica e irriducibile l'ingiunzione europea, seppure essa fosse azionata in base a clausola penale manifestamente eccessiva, proprio nella considerazione che le ragioni del debitore sono sufficientemente tutelate dalla facoltà di prestare opposizione. Per evidenti ragioni di coerenza, deve escludersi l'esistenza di un interesse superiore dell'ordinamento allorquando una clausola penale parimenti eccessiva sia attivata avanti al giudice nazionale per tramite della procedura monitoria interna, questione sollevabile di ufficio solo nell'eventuale giudizio di opposizione.


Torna al Diritto Europeo dei Tributi