La Corte di Cassazione (Cass. civ., sez. lav., 20/06/2018, n. 16263) accoglie l'opposizione
alla cartella di pagamento avente ad oggetto la contribuzione pretesa dall'Inps sul 50% delle somme erogate
in busta paga sotto la voce “trasferta” e ribadisce l'orientamento di cui alla
sentenza delle Sezioni Unite n. 27093/2017.
Pertanto, in materia di trattamento contributivo dell'indennità di trasferta, l'espressione “anche
se corrisposta con carattere di continuità” di cui agli artt. 11 L. 467/84 e 51, comma 6, Tuir, deve essere intesa,
nel senso che l'eventuale continuatività della corresponsione del compenso per la trasferta non ne modifica
l'assoggettabilità al regime contributivo (e fiscale) meno gravoso (di quello stabilito in via generale per la
retribuzione imponibile), rispettivamente previsto dalle citate disposizioni.
Inoltre l'art. 7-quinquies D.L. 193/16 – che ha introdotto una norma retroattiva autoqualificata di interpretazione autentica
del citato art. 51, con la quale ha stabilito (comma 1) che i lavoratori rientranti nella disciplina prevista dal suddetto comma 6
sono quelli per i quali sussistono contestualmente le seguenti tre condizioni: a) la mancata indicazione, nel contratto o nella
lettera di assunzione, della sede di lavoro; b) lo svolgimento di un'attività lavorativa che richiede la continua
mobilità del dipendente; c) la corresponsione al dipendente, in relazione allo svolgimento dell'attività
lavorativa in luoghi sempre variabili e diversi, di un'indennità o maggiorazione di retribuzione
“in misura fissa”, attribuite senza distinguere se il dipendente si è effettivamente recato in trasferta
e dove la stessa si è svolta, aggiungendo che, in caso di mancata contestuale esistenza delle suindicate condizioni,
è riconosciuto il trattamento previsto per le indennità di trasferta di cui al comma 5 del medesimo art. 51 –
risulta conforme ai principi costituzionali di ragionevolezza e di tutela del legittimo affidamento nella certezza delle situazioni
giuridiche, oltre che all'art. 117 Cost., comma 1, sotto il profilo del principio di preminenza del diritto e di quello del
processo equo, consacrati nell'art. 6 della CEDU. Infatti, tale norma retroattiva ha attribuito alla norma interpretata
un significato non solo compatibile con il suo tenore letterale ma più aderente alla originaria volontà del
legislatore, con la finalità di porre rimedio ad una situazione di oggettiva incertezza del dato normativo, determinata
da un persistente contrasto tra la giurisprudenza di legittimità, le Pubbliche Amministrazioni del settore e la variegata
giurisprudenza di merito.
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