La rilevanza del regolamento comunale nei tributi locali

 

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La potestà regolamentare riconosciuta agli enti locali in materia di tributi propri consente di introdurre, nel sistema normativo, elementi specifici mutuati dalla realtà dei territori, al fine di meglio adattare la disciplina statale a quella locale, ed in tale prospettiva è stato riconosciuto ai comuni, in materia di ICI, con D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 59, di avvalesi della potestà regolamentare in materia di gestione delle entrate tributarie, ad eccezione di ciò che attiene alla determinazione della fattispecie imponibile, all'identificazione dei soggetti passivi ed alla fissazione dell'aliquota massima; dunque, il Comune può regolamentare in modo autonomo le previsioni applicative dei propri tributi dovendo esclusivamente operare nel rispetto dei limiti dettati dal D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 52, comma 1, ed in particolare del principio che sancisce il necessario rispetto delle esigenze di semplificazione degli adempimenti a carico dei contribuenti; in tale prospettiva, la fissazione, ai sensi del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 59, comma 1, dei valori delle aree fabbricabili non può avere altro effetto che quello di una autolimitazione del potere di accertamento ICI, atteso che il comune si obbliga a ritenere congruo il valore delle aree fabbricabili laddove esso sia stato dichiarato dal contribuente in misura non inferiore a quella stabilita nel regolamento comunale; ciò non di meno rimane ferma la regola, stabilita dal D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 52, secondo la quale il valore delle aree fabbricabili è quello venale in comune commercio, ed infatti il contribuente può dichiarare un valore inferiore a quello stabilito nel regolamento, il comune può ritenerlo congruo, in quanto concretamente corrispondente al valore di mercato, come può accertare un valore maggiore, ed in tal caso l'accertamento deve essere motivato facendo riferimento ai valori di mercato (Cassazione civile   sez. trib.   02 marzo 2018   n. 4969).


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