Il rimborso successivo al ravvedimento operoso
La Cassazione limita il rimborso di quanto erroneamente versato dal contribuente per sanare eventuali violazioni ma residuano ancora spazi di manovra
L'art. 13, D.Lgs. 472/97 disciplina l'istituto del ravvedimento operoso, che consente al contribuente di sanare le sue irregolarità col pagamento della sanzione in misura ridotta. Precisa la norma che il pagamento della sanzione ridotta deve essere eseguito contestualmente alla regolarizzazione del versamento del tributo o della differenza, quando dovuti, nonchè degli interessi moratori.
L'importo della sanzione è variabile da 1/10 a 1/5 del minimo, secondo vari scaglioni, a seconda del tipo di violazione e delle tempistiche della regolarizzazione.
Il versamento delle sanzioni in misura ridotta non preclude tuttavia all'Amministrazione fiscale di sottoporre ad accertamento il contribuente per contestare ulteriori violazioni (Cass. 24424/08).
La giurisprudenza è orientata nel senso di precludere il rimborso di quanto pagato a titolo di ravvedimento operoso ove il contribuente lamenti la mera carenza del presupposto sanzionatorio.
La Corte di Cassazione si è recentemente soffermata sull'argomento, evidenziando che la mancanza di colpevolezza (art. 3, D.Lgs. 472/97) e le obiettive condizioni di incertezza della norma (art. 10, L. 212/00) possono essere richiamate dal contribuente a propria difesa per contrastare l'irrogazione della sanzione da parte dell'Amminisrtazione ma non legittimano l'istanza di rimborso su quanto versato a titolo di ravvedimento operoso poiché la sanatoria è una scelta consapevole e volontaria del contribuente (Cass. civ., sez. trib., 30/03/2016 n. 6108).
Principio similare era stato stabilito anche in relazione alla definizione agevolata ex artt. 7 e 9, L. 289/02 (Cass. civ., SS.UU., 25/06/2008 n. 14828; Cass. civ., sez. trib., 06/03/2015 n. 4566).
La logica ostativa al rimborso di quanto ravveduto deriva dalla ratio stessa dell'istituto, che presuppone il riconoscimento dei requisiti di punibilità, quello soggettivo di colpevolezza e quello oggettivo sull'esistenza della violazione da parte del contribuente; di tal che il pagamento in misura ridotta rende pacifici e inamovibili tali presupposti.
L'unica eccezione menzionata dalla Corte nella citata sentenza (Cass. 6108/16), che consente al contribuente di accedere al rimborso, è l'errore formale, essenziale e riconoscibile.
Quindi la Corte pare ricondurre il ravvedimento operoso al rapporto negoziale civilistico, coniando la disciplina dell'annullamento del contratto per errore che, ai sensi dell'art. 1428 c.c., necessita dei requisiti dei requisiti di essenzialità e riconoscibilità, a tutela dell'affidamento dell'altro contraente che, nella fattispecie in esame, è l'Amministrazione fiscale.
Il rimborso delle somme versate col ravvedimento implica quindi l'onere di indicare i ridetti presupposti nell'istanza di rimborso e poi di fornirne la prova in fase giudiziale.
Nondimeno, se il rimborso delle sanzioni in misura ridotta soggiace agli stringenti limiti enucleati dalla giurisprudenza, a parere di chi scrive il rimborso delle eventuali imposte, pagate contestualmente al ravvedimento, potrebbe continuare a seguire le regole ordinarie dell'indebito e possa essere chiesto per il sol fatto che non sussisteva l'obbligazione tributaria o era di entità inferiore.
Concludendo, di fronte ad un ravvedimento operoso con pagamento delle sanzioni in misura ridotta e delle imposte:
- il rimborso delle sanzioni è possibile se vi sia stato un errore formale, che deve essere altresì essenziale e riconoscibile;
- il rimborso delle imposte e degli interessi dovrebbe essere più agevole e scaturire dalla obiettiva assenza dei presupposti impositivi.
Dunque, se tale lettura coglie nel giusto, il rimborso per le somme versate in sede di ravvedimento operoso procederebbe secondo binari separati.
pubblicato su www.prontoprofessionista.it il 14/07/2016
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