PENALE TRIBUTARIO


La disciplina dei reati fiscali è principalmente concentrata nel Decreto Legislativo n. 74 del 2000.

Qui di seguito viene riportato il testo aggiornato al 4 novembre 2016 con annotate alcune sentenze più recenti della Corte di Cassazione.

Ulteriore giurisprudenza in materia di penale tributario la si può rinvenire nella sezione “Circolari tributarie”.

Decreto legislativo 10 marzo 2000 n. 74 (in Gazz. Uff. 31 marzo n. 76)

Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA:

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;

Visto l'art. 9 della legge 25 giugno 1999, n. 205, che delega il Governo ad emanare, entro otto mesi dall'entrata in vigore della stessa legge, un decreto legislativo recante la nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto in conformità dei princìpi e dei criteri direttivi stabiliti dal medesimo articolo, procedendo all'abrogazione del titolo I del decreto-legge 10 luglio 1982, n. 429, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1982, n. 516 e delle altre norme vigenti incompatibili con la nuova disciplina;

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 5 gennaio 2000;

Acquisito il parere delle competenti commissioni permanenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, previsto dall'art. 17 della predetta legge n. 205 del 1999;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 3 marzo 2000;

Sulla proposta del Ministro delle finanze e del Ministro della giustizia;

Emana il seguente decreto legislativo:


TITOLO I
DEFINIZIONI

ARTICOLO N.1

Definizioni.

1. Ai fini del presente decreto legislativo:

a) per "fatture o altri documenti per operazioni inesistenti" si intendono le fatture o gli altri documenti aventi rilievo probatorio analogo in base alle norme tributarie, emessi a fronte di operazioni non realmente effettuate in tutto o in parte o che indicano i corrispettivi o l'imposta sul valore aggiunto in misura superiore a quella reale, ovvero che riferiscono l'operazione a soggetti diversi da quelli effettivi;

b) per "elementi attivi o passivi" si intendono le componenti, espresse in cifra, che concorrono, in senso positivo o negativo, alla determinazione del reddito o delle basi imponibili rilevanti ai fini dell'applicazione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto e le componenti che incidono sulla determinazione dell'imposta dovuta (1);

c) per "dichiarazioni" si intendono anche le dichiarazioni presentate in qualità di amministratore liquidatore o rappresentante di società, enti o persone fisiche o di sostituto d'imposta, nei casi previsti dalla legge (2);

d) il "fine di evadere le imposte" e il "fine di consentire a terzi l'evasione" si intendono comprensivi, rispettivamente, anche del fine di conseguire un indebito rimborso o il riconoscimento di un inesistente credito d'imposta, e del fine di consentirli a terzi;

e) riguardo ai fatti commessi da chi agisce in qualità di amministratore, liquidatore o rappresentante di società, enti o persone fisiche, il "fine di evadere le imposte" ed il "fine di sottrarsi al pagamento" si intendono riferiti alla società, all'ente o alla persona fisica per conto della quale si agisce;

f) per "imposta evasa" si intende la differenza tra l'imposta effettivamente dovuta e quella indicata nella dichiarazione, ovvero l'intera imposta dovuta nel caso di omessa dichiarazione, al netto delle somme versate dal contribuente o da terzi a titolo di acconto, di ritenuta o comunque in pagamento di detta imposta prima della presentazione della dichiarazione o della scadenza del relativo termine; non si considera imposta evasa quella teorica e non effettivamente dovuta collegata a una rettifica in diminuzione di perdite dell'esercizio o di perdite pregresse spettanti e utilizzabili (3);

g) le soglie di punibilità riferite all'imposta evasa si intendono estese anche all'ammontare dell'indebito rimborso richiesto o dell'inesistente credito di imposta esposto nella dichiarazione.

g-bis) per "operazioni simulate oggettivamente o soggettivamente" si intendono le operazioni apparenti, diverse da quelle disciplinate dall'articolo 10-bis della legge 27 luglio 2000, n. 212, poste in essere con la volontà di non realizzarle in tutto o in parte ovvero le operazioni riferite a soggetti fittiziamente interposti (4);

g-ter) per "mezzi fraudolenti" si intendono condotte artificiose attive nonché quelle omissive realizzate in violazione di uno specifico obbligo giuridico, che determinano una falsa rappresentazione della realtà (5).

(1) Lettera modificata dall'articolo 1, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158.

(2) Lettera modificata dall'articolo 1, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158.

(3) Lettera modificata dall'articolo 1, comma 1, lettera c), del D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158.

(4) Lettera aggiunta dall'articolo 1, comma 1, lettera d), del D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158.

(5) Lettera aggiunta dall'articolo 1, comma 1, lettera d), del D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158.


TITOLO II
DELITTI
CAPO I
Delitti in materia di dichiarazione.

ARTICOLO N.2

Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.

1. E' punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indica in una delle dichiarazioni [annuali] relative a dette imposte elementi passivi fittizi (1).

2. Il fatto si considera commesso avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti quando tali fatture o documenti sono registrati nelle scritture contabili obbligatorie, o sono detenuti a fine di prova nei confronti dell'amministrazione finanziaria.

[ 3. Se l'ammontare degli elementi passivi fittizi è inferiore a euro 154.937,07, si applica la reclusione da sei mesi a due anni. ](2)

(1) Comma modificato dall'articolo 2, comma 1, del D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158.

(2) Comma abrogato dall'articolo 2, comma 36-vicies semel, lett. a) del D.L. 13 agosto 2011, n. 138.

Cassazione penale sez. III, 30/03/2016, n. 38717 : “Al fine di poter dichiarare la responsabilità penale del legale rappresentate di un’azienda di grandi dimensioni per il reato di dichiarazione fraudolenta è necessario provare che egli fosse in concreto a conoscenza dei fatti illeciti, non essendo sufficiente la circostanza della mera collocazione formale dell’imputato alla legale rappresentanza della società stessa”.

Cassazione penale sez. III, 22/03/2016, n. 18692 : “In tema di reati tributari, per effetto della soppressione - operata dal D.Lgs. n. 158 del 2015 - del termine "annuali" riferito alle dichiarazioni fraudolente mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, di cui all'art. 2 del D.Lgs. n. 74 del 2000, integra il delitto previsto da tale disposizione l'utilizzo di documentazione fraudolenta in dichiarazioni infraannuali che non abbiano natura "meramente comunicativa" ma "propriamente dichiarativa" e che comportino, quindi, direttamente la determinazione di un'imposta da versare”.

Cassazione penale sez. III, 16/03/2016, n. 25808 : “Il nucleo costitutivo del reato di frode fiscale è concretato dalla dissimulazione di componenti positivi o dalla simulazione di componenti negativi del reddito, attuate in forme artificiose, in guisa da alterare in misura rilevante il risultato della dichiarazione: sicché lo stesso si perfeziona nel momento nel quale la dichiarazione dei redditi è presentata agli uffici finanziari senza che i successivi sviluppi del rapporto tributario abbiano incidenza sul reato ormai consumato, sicché neppure l'accertamento della frode dispiega alcuna influenza sulla data di consumazione dell'illecito. (In applicazione del principio la Corte ha escluso che la cancellazione della società dal registro delle imprese e l’estinzione del debito tributario potessero avere reso inoffensiva la condotta di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture di cui all’art. 2 del d.lg. n. 74 del 2000)”

Cassazione penale sez. II, 10/03/2016, n. 12872 : “Il delitto di emissione di fatture per operazioni inesistenti si pone in rapporto di specialità rispetto a quello di truffa aggravata a norma dell'art. 640, comma 2, n. 1), c.p., in quanto connotato da uno specifico artificio e da una condotta a forma vincolata”.

Cassazione penale sez. III, 02/03/2016, n. 15899 : “Le presunzioni legali previste dalle norme tributarie, pur potendo avere valore indiziario, non possono costituire di per sé fonte di prova della commissione del reato, assumendo esclusivamente il valore di dati di fatto, che devono essere valutati liberamente dal giudice penale unitamente a elementi di riscontro che diano certezza dell'esistenza della condotta criminosa”.

Cassazione penale sez. III, 09/02/2016, n. 28226 : “In materia di reati tributari, il carattere residuale del reato di dichiarazione infedele, di cui all'art. 4 del d.lgs n. 74 del 2000, ne esclude il concorso con il delitto di frode fiscale, previsto dall'art. 2 del citato D.Lgs., quando la condotta materiale abbia ad oggetto la medesima dichiarazione”.

Cassazione penale sez. IV, 25/01/2016, n. 7914 : “I principi affermati dalla sentenza C. giust. UE, Grande Sezione, dell'8 settembre 2015, Taricco, relativi alla possibilità di disapplicazione della disciplina sulla prescrizione se idonea a pregiudicare gli obblighi imposti a tutela degli interessi finanziari dell'Unione europea, non si applicano ai fatti già prescritti alla data di pubblicazione di tale pronuncia (3 settembre 2015). (Fattispecie in tema di pluralità di condotte di dichiarazione fraudolenta ex art. 2 d.lg. n. 74 del 2000, contestate in continuazione).

In tema di dichiarazione fraudolenta ex art. 2 D.Lgs.10 marzo 2000 n. 74, i principi affermati dalla sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea, Grande sezione, Taricco e altri del 8 settembre 2015, C-105/14, in ordine alla possibilità di disapplicazione della disciplina della prescrizione prevista dagli artt. 160 e 161 cod. pen. se ritenuta idonea a pregiudicare gli obblighi imposti a tutela degli interessi finanziari dell'Unione europea, non si applicano ai fatti già prescritti alla data di pubblicazione di tale pronuncia (3 settembre 2015)”.

Cassazione penale sez. III, 07/01/2016, n. 5720 : “In tema di reati tributari, la fattispecie di cui all'art. 2, comma terzo, D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74 - applicabile ai fatti anteriori al 14 settembre 2011, in quanto abrogata dal D.L. n. 138 del 2011, convertito dalla legge n. 148 del 2011- ha natura di circostanza attenuante del reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti di cui al comma primo dello stesso articolo e non di fattispecie autonoma di reato. (In applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto abnorme l'ordinanza del G.u.p. di restituzione degli atti al P.M. perché provvedesse alla citazione diretta a giudizio, dovendo invece celebrarsi l'udienza preliminare).

La fattispecie di cui all'art. 2, comma terzo, del d.lg. n. 74 del 2000, abrogata dal d.l. n. 138 del 2001 relativamente ai fatti successivi alla data di entrata in vigore della legge di conversione n. 148 del 2011, ha natura di circostanza attenuante del reato di cui al comma primo dello stesso articolo e non già di reato autonomo”.

Cassazione penale sez. III, 17/11/2015, n. 819 : “La fattispecie di cui all'art. 2 del d. lg. n. 74 del 2000, ovvero l'ipotesi di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, non prevede alcuna soglia di punibilità”.

Cassazione penale sez. III, 06/11/2015, n. 5703 : “L'amministratore che crea fatture false e le utilizza nella dichiarazione della società al fine di detrarre indebitamente l'i.v.a., integra la fattispecie di dichiarazione fraudolenta ex art. 2 d.lg. n. 74 del 2000 e non l'indebita compensazione di cui all'art. 10 quater del medesimo decreto”.

Cassazione penale sez. III, 06/11/2015, n. 5703 : “Integra il reato previsto dall’art. 2 d.lg. n. 74 del 2000, l'indicazione nelle dichiarazioni ai fini i.v.a. di spese documentate (che siano deducibili dall'imposta), ma non effettuate o effettuate in misura inferiore, dal momento che in tal modo si fanno apparire in dichiarazione elementi passivi fittizi”.

Cassazione penale sez. III, 06/10/2015, n. 49570 : “In tema di reati tributari, il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2 d.lg. 10 marzo 2000 n. 74) consiste nel fatto di colui che, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi passivi fittizi. Per l'effetto, il momento consumativo si realizza con la presentazione della dichiarazione; mentre, ai sensi del successivo articolo 6, in difetto della presentazione della dichiarazione, il reato non sarebbe punibile neppure a titolo di tentativo

Il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti di cui all'art. 2 del d.lg. n. 74 del 2000 può dirsi integrato solo con la condotta di presentazione della dichiarazione mentre le condotte pregresse ad essa restano, sul piano penale, del tutto irrilevanti, non potendo essere punite neppure a titolo di tentativo”.

Cassazione penale sez. III, 06/10/2015, n. 46857 : “Sussiste il reato di dichiarazione fraudolenta anche quando i soggetti della transazione sono diversi da quelli della fatturazione; la falsità, assunta a rilievo dalla norma incriminatrice, ben può riguardare l'indicazione dei soggetti. Ai sensi dell'art. 1 d.lg. n. 74 del 2000 per soggetti diversi da quelli effettivi si devono intendere colore che pur avendo apparentemente emesso il documento non hanno effettuato la prestazione, sono irreali o non hanno avuto alcun rapporto con il contribuente fiscale”.

Cassazione penale sez. III, 17/09/2015, n. 2210 : “Il reato di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzazione di fatture od altri documenti per operazioni inesistenti (come quello di emissione degli stessi documenti) è configurabile anche in caso di fatture soggettivamente inesistenti.

In materia di reati tributari, nelle ipotesi consistenti in condotte fraudolente che comportino, in concreto, l'evasione in misura "grave" di tributi IVA devono essere disapplicate - in quanto in contrasto con gli obblighi comunitari imposti agli Stati membri dall'art. 325, paragrafi 1 e 2, del TFUE, in considerazione di quanto affermato nella sentenza della Corte di giustizia, Grande Sezione, 8 settembre 2015, C-105/14, Taricco - le disposizioni in materia di prescrizione di cui agli artt. 160, terzo comma, ultima parte, e 161, comma secondo, cod. pen., trovando invece applicazione, in tali casi, la più rigorosa disciplina già prevista nell'ordinamento per i delitti di cui all'art. 51, comma 3-bis e 3-quater, cod. proc. pen., secondo cui il termine ordinario di prescrizione ricomincia a decorrere dopo ogni atto interruttivo”.

Cassazione penale sez. III, 15/07/2015, n. 43393 : “La condotta dolosa o consapevole del cessionario, così come impedisce l'insorgenza del diritto alla detrazione dell'Iva per mancato perfezionamento dello scambio, non essendo, nel caso di specie, l'apparente cedente l'effettivo fornitore della prestazione, allo stesso modo comporta l'indeducibilità dei costi ai fini delle imposte sui redditi, sicché il delitto di utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti, di cui all'art. 2 del d.lg. n. 74 del 2000 è configurabile anche in caso di fatturazione solo soggettivamente falsa sia ai fini dell'imposta sul valore aggiunto che ai fini dell'imposta sui redditi”.

Cassazione penale sez. III, 15/07/2015, 43393 : “La condotta dolosa o consapevole del cessionario, così come impedisce l'insorgenza del diritto alla detrazione dell'Iva per mancato perfezionamento dello scambio, non essendo, nel caso di specie, l'apparente cedente l'effettivo fornitore della prestazione, allo stesso modo comporta l'indeducibilità dei costi ai fini delle imposte sui redditi, sicché il delitto di utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti, di cui all'art. 2 del d.lg. n. 74 del 2000 è configurabile anche in caso di fatturazione solo soggettivamente falsa sia ai fini dell'imposta sul valore aggiunto che ai fini dell'imposta sui redditi”.

Cassazione penale sez. III, 07/07/2015, n. 42994 : “In tema di reati tributari, la regola della indeducibilità dei componenti negativi del reddito relativi a beni o servizi direttamente utilizzati per il compimento di delitti non colposi (prevista dall'art. 14, comma 4-bis, l. n. 537 del 1993, come modificato dall'art. 8 del D.L. 2 marzo 2012, n. 16, conv. in l. n. 44 del 2012), trova applicazione anche per i costi esposti in fatture che riferiscono l'operazione a soggetti diversi da quelli effettivi nell'ambito di una frode c.d. carosello, trattandosi di costi comunque riconducibili ad una condotta criminosa. (In motivazione, la Corte ha ribadito che la disposizione richiamata si limita a precisare una regola per le procedure di accertamento tributario ai fini delle imposte sui redditi, ma non ha alcuna incidenza sulla configurabilità delle condotte di dichiarazione fraudolenta punite dall'articolo 2 D.Lgs. n. 74 del 2000)”.

Cassazione penale sez. III, 23/06/2015, n. 30492 : “In tema di reati tributari, il liquidatore di una società di capitali può rispondere, in relazione alle dichiarazioni annuali pesentate dopo il suo insediamento, dei reati di cui agli artt. 2 e 4 del D.Lgs. 3 ottobre 2000, n. 74, purchè emergano elementi dai quali poter desumere quanto meno la sussistenza del dolo eventuale, e dunque la conoscenza o conoscibilità, attraverso una diligente verifica della contabilità e dei bilanci, della fittizietà delle poste e della falsità delle fatture inserite nella dichiarazione”.

Cassazione penale sez. III, 18/06/2015, 33026 : “In tema di reati tributari, la presentazione di dichiarazione dei redditi oltre i novanta giorni dalla scadenza del termine integra il reato di cui all'art. 5 del D.Lgs. n. 74 del 2000, e non quello di cui all'art. 2 del decreto medesimo, anche quando all'interno di essa sono indicati elementi passivi fittizi derivanti dall'utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti. (In motivazione, la Corte ha osservato che dalla nullità fiscale della dichiarazione fraudolenta non può farsi seguire alcuna conseguenza di carattere penale, anche in considerazione di quanto previsto dall'art. 2, comma settimo, d.P.R. n. 322 del 1998, che limita gli effetti della dichiarazione presentata oltre i novanta giorni ai soli aspetti "favorevoli" all'Amministrazione finanziaria”.

Cassazione penale sez. III, 27/05/2015, n. 38544 : “In tema di impugnazioni, la valutazione dell'interesse ad ottenere la riqualificazione della fattispecie - sussistente allorché il gravame sia in concreto idoneo a determinare per il ricorrente, con l'eliminazione del provvedimento impugnato, una situazione pratica più vantaggiosa di quella realizzata dal provvedimento impugnato - va operata con riferimento alla prospettazione contenuta nel ricorso e non alla effettiva fondatezza della pretesa del ricorrente. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto ammissibile il ricorso diretto ad ottenere la riqualificazione della fattispecie ai sensi dell'articolo 2, anziché ai sensi dell'articolo 3, D.Lgs. n. 74 del 2000, ai fini del riconoscimento della circostanza attenuante di cui al comma terzo di tale articolo, nonostante abbia poi in concreto escluso la configurabilità dei presupposti per l'applicazione della stessa)”.

Cassazione penale sez. III, 19/02/2015, n. 27112 : “In tema di reati tributari, il dolo specifico costituito dal fine di evadere le imposte, che concorre ad integrare il reato di cui all'art. 2 del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, sussiste anche quando ad esso si affianchi una distinta ed autonoma finalità extraevasiva non perseguita dall'agente in via esclusiva, e il relativo accertamento, riservato al giudice di merito, se adeguatamente e logicamente motivato è incensurabile in sede di legittimità”.

Cassazione penale sez. III, 19/12/2014, n. 22108 : “In tema di reati tributari, l'indeducibilità dei componenti negativi relativi a beni o servizi direttamente utilizzati per il compimento di delitti non colposi, di cui all'art. 14, comma quarto-bis, l. n. 537 del 1993 (come modificato dall'art. 8 del D.L. 2 marzo 2012, n. 16, conv. in l. n. 44 del 2012) non deriva esclusivamente dal loro impiego per finanziare atti immediatamente qualificabili come delitto doloso, ma anche dalla loro inerenza a più generali attività delittuose alle quali l'impresa non sia estranea e per il cui perseguimento abbia sostenuto i costi fittiziamente fatturati, ancorchè realmente sostenuti. (Fattispecie di utilizzo di fatture per prestazioni effettivamente rese, i cui costi venivano fraudolentemente trasferiti a società "cartiere" costruite per frodare il Fisco)”.

Cassazione penale sez. III, 02/12/2014, n. 2458 : “In caso di più gruppi criminali, di cui uno estero, solo la piena immedesimazione fra le strutture comporta l'integrazione del reato transnazionale; in assenza di tale immedesimazione ricorre esclusivamente l'aggravante al reato associativo comune (fattispecie relativa all'accusa di frode fiscale internazionale ex art. 2 d.lg. n. 74/2000)”.

Cassazione penale sez. III, 11/12/2014, n. 3931 : “Chi annota delle fatture false in contabilità, traendo in inganno il rappresentante legale che sottoscrive poi una dichiarazione fraudolenta, può rispondere del reato in qualità di autore mediato”.

Cassazione penale sez. III, 15/10/2014, n. 50628 : “Non costituisce reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti, quale previsto dall'art. 8 d.lg. n. 74 del 2000, la condotta di chi si limiti a fornire dei moduli in bianco a taluno che se ne serva per formare fatture ideologicamente false delle quali poi si avvalga al fine di indicare, nelle dichiarazioni presentate al fisco, elementi passivi fittizi, così commettendo il reato di cui all'art. 2 del citato d.lg., del quale, peraltro, anche il fornitore dei moduli potrà rispondere a titolo di concorso.

In tema di false attestazioni in fatturazione, la consegna a terzi di semplici bollettari per l'emissione delle fatture, in bianco, completi di partita I.v.a. dell'impresa e del timbro con la ragione sociale, non rientra nel campo di applicazione della fattispecie penale, in quanto non viene rispettato il dettato dell'art. 21, comma 2, d.P.R. n. 633 del 1973 in ordine alla formazione della fattura. Tuttavia, si applica l'art. 2 d.lg. n. 74 del 2000, che risponde al delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, configurabile nel caso di utilizzazione di fatture o documenti sia ideologicamente che materialmente falsi”.

Cassazione penale sez. III, 10/12/2014, n. 12531 : “Sono previsti dal legislatore dei meccanismi di recupero dell'imposta successivamente rivelatasi inesigibile per il mancato pagamento del corrispettivo fatturato, anche se ancorati a dati oggettivi ed incontrovertibili come l'infruttuoso esperimento di procedure esecutive che, a loro volta, presuppongono l'avvenuto esercizio dell'azione civile per la tutela giudiziaria del credito (confermata, nella specie, la condanna nei confronti dell'imputato che, come rappresentante legale di una società, aveva indicato nella dichiarazione annuale relativa all'IVA degli elementi passivi fittizi, avvalendosi di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti; l'imputato aveva ammesso di aver materialmente posto in essere la condotta, ma negava di voler evadere l'imposta, avendo utilizzato le fatture per compensare il mancato pagamento delle fatture attive emesse nei confronti di alcuni clienti inadempienti per una somma ritenuta non più recuperabile)”.

Cassazione penale sez. V, 24/06/2014, n. 42899 : “L'intero consiglio di amministrazione di una società, compresi gli ex consiglieri, risponde del reato di frode fiscale se ha partecipato consapevolmente all'organizzazione di un illecito, indipendentemente da chi abbia presentato la dichiarazione fraudolenta e dal fatto che un socio si sia dimesso tempo prima della dichiarazione di fallimento”.

Cassazione penale sez. III, 30/04/2014, n. 40198 : “In tema di reati tributari, ai fini della configurabilità del delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2 d.lg. 10 marzo 2000 n. 74) è necessario, da un lato, che la dichiarazione fiscale contenga effettivamente l'indicazione di elementi passivi fittizi e, dall'altro, che le fatture ideologicamente false siano conservate nei registri contabili o nella documentazione fiscale dell'azienda, perché in ciò consiste la condotta di avvalersi delle fatture normativamente richiesta (da queste premesse, la Corte ha annullato con rinvio la sentenza di condanna relativamente a una vicenda in cui la prova del reato era stata ravvisata nel mancato reperimento di alcune "schede di carburante" il cui importo era stato peraltro esposto in dichiarazione a titolo di costo: la Corte ha rinviato al giudice di merito, in accoglimento del motivo di ricorso in cui si ipotizzava eventualmente il diverso reato di cui all'art. 4 d.lg. n. 74 del 2000, evidenziando l'errore di diritto in cui era incorso il giudice nell'aver ritenuto sussistente il reato in mancanza di uno degli elementi costitutivi, quello della conservazione del documento nella documentazione fiscale dell'azienda)”.

Cassazione penale sez. II, 15/04/2014, n. 18094 : “In tema di rapporti tra il delitto di truffa aggravata e reati tributari ugualmente connotati da una condotta fraudolenta, è configurabile un rapporto di specialità tra le fattispecie penali tributarie in materia di frode fiscale, ex artt. 2 e 8, d.lg. 10 marzo 2000, n. 74, ed il delitto di truffa aggravata ai danni dello Stato, ex art. 640, comma 2, n. 1, c.p., in quanto qualsiasi condotta fraudolenta diretta alla evasione fiscale esaurisce il proprio disvalore penale all'interno del quadro delineato dalla normativa speciale, salvo che dalla condotta derivi un profitto ulteriore e diverso rispetto all'evasione fiscale, quale l'ottenimento di pubbliche erogazioni”.

Cassazione penale sez. III, 25/02/2014, n. 18911 : “In tema di sequestro preventivo, il giudice deve procedere solo alla verifica dell'astratta possibilità di sussumere il fatto nella determinata ipotesi di reato oggetto di contestazione. Ciò, peraltro, in ossequio al necessario controllo di legalità del provvedimento, pur non consentendo un'indagine penetrante sull'effettiva sussistenza del reato ipotizzato, non impedisce al giudice di spingersi fino all'esame del fatto per il quale si procede e accertare, pur senza censurarli sul piano fattuale, la congruità degli elementi rappresentati con l'ipotesi accusatoria. Questa valutazione, mentre consente di considerare quel che ictu oculi appare evidente, persino in tema di esclusione dell'elemento soggettivo del reato, non può però tradursi in un'anticipata decisione della questione di merito concernente la responsabilità del soggetto. (Da queste premesse, in una vicenda in cui si discuteva della possibile configurabilità del reato di cui all'art. 2 d.lg. 10 marzo 2000 n. 74, la Cassazione ha annullato senza rinvio l'ordinanza del tribunale del riesame che aveva, a sua volta, annullato il provvedimento di sequestro preventivo ai fini della confisca per equivalente, impropriamente basando la propria decisione non sulla astratta non sussumibilità del fatto contestato all'ipotesi di reato oggetto dell'imputazione provvisoria, quanto, piuttosto, sull'impossibilità di provare, in giudizio, la sussistenza stessa del reato e, quindi, la colpevolezza dell'imputato: in tal modo, secondo la Corte, il tribunale aveva erroneamente anticipato alla fase cautelare reale valutazioni proprie della fase del giudizio di merito)”.

Cassazione penale sez. III, 15/01/2014, n. 6102 : “In tema di reati tributari, la mancanza nel capo di imputazione di una specifica e analitica indicazione di tutte le fatture ritenute falsificate o contraffatte non comporta alcuna genericità o indeterminatezza della contestazione del reato di cui all'art. 2 d.lg. n. 74 del 2000, allorché tali documenti siano agevolmente identificabili attraverso il richiamo ad una categoria omogenea che ne renda comunque possibile la individuazione. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto sufficiente il rinvio a tutte le fatture emesse da specifici fornitori e indicate dall'imputato nella dichiarazione dei redditi)”.

ARTICOLO N.3

Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici i fraudolenti idonei ad ostacolare l'accertamento e ad indurre in errore l'amministrazione finanziaria, indica in una delle dichiarazioni relative a dette imposte elementi

1. Fuori dai casi previsti dall'articolo 2, e' punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, compiendo operazioni simulate oggettivamente o soggettivamente ovvero avvalendosi di documenti falsi o di altri mezzi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi o crediti e ritenute fittizi, quando, congiuntamente:

a) l'imposta evasa e' superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a euro trentamila;

b) l'ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all'imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi fittizi, e' superiore al cinque per cento dell'ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o comunque, e' superiore a euro un milione cinquecentomila, ovvero qualora l'ammontare complessivo dei crediti e delle ritenute fittizie in diminuzione dell'imposta, e' superiore al cinque per cento dell'ammontare dell'imposta medesima o comunque a euro trentamila.

2. Il fatto si considera commesso avvalendosi di documenti falsi quando tali documenti sono registrati nelle scritture contabili obbligatorie o sono detenuti a fini di prova nei confronti dell'amministrazione finanziaria.

3. Ai fini dell'applicazione della disposizione del comma 1, non costituiscono mezzi fraudolenti la mera violazione degli obblighi di fatturazione e di annotazione degli elementi attivi nelle scritture contabili o la sola indicazione nelle fatture o nelle annotazioni di elementi attivi inferiori a quelli reali.

(1) Articolo modificato dall'articolo 2, comma 36-vicies semel, lett. b) e c) del D.L. 13 agosto 2011, n. 138 e successivamente sostituito dall'articolo 3, comma 1, del D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158.

Cassazione penale sez. III 27 maggio 2015 n. 38544: “In tema di impugnazioni, la valutazione dell'interesse ad ottenere la riqualificazione della fattispecie - sussistente allorché il gravame sia in concreto idoneo a determinare per il ricorrente, con l'eliminazione del provvedimento impugnato, una situazione pratica più vantaggiosa di quella realizzata dal provvedimento impugnato - va operata con riferimento alla prospettazione contenuta nel ricorso e non alla effettiva fondatezza della pretesa del ricorrente. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto ammissibile il ricorso diretto ad ottenere la riqualificazione della fattispecie ai sensi dell'articolo 2, anziché ai sensi dell'articolo 3, D.Lgs. n. 74 del 2000, ai fini del riconoscimento della circostanza attenuante di cui al comma terzo di tale articolo, nonostante abbia poi in concreto escluso la configurabilità dei presupposti per l'applicazione della stessa) (Rigetta, App. Torino, 21/05/2014)”.

Cassazione penale sez. III 22 aprile 2015 n. 21044 : “La responsabilità, anche penale, del rappresentante fiscale di società estere discende dagli obblighi cui lo stesso è tenuto ai sensi della normativa in materia di imposta sul valore aggiunto. Pertanto è indubitabile che le condotte penalmente rilevanti individuate dalla normativa possano configurarsi anche con riguardo alla sua figura ed attività in quanto questi rappresenta l'unico interlocutore in Italia, sia pure in solido, per le obbligazioni fiscali e doganali”.

Cassazione penale sez. III 15 ottobre 2014 n. 50308 : “II fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, richiesto per la configurabilità, sotto il profilo soggettivo, del reato di cui all'art. 3 d.lg. n. 74 del 2000, non deve necessariamente essere esclusivo, ben potendo esso accompagnarsi anche all'intento di realizzare altre finalità, lecite o illecite che siano. (Nella specie si è ritenuto che la finalità di evasione delle imposte non potesse dirsi esclusa per il solo fatto che l'agente, nel dirottare una parte dei ricavi della società da lui amministrata ad altra società, avesse, a suo dire, avuto di mira essenzialmente l'obiettivo di sottrarli alle possibili pretese ereditarie di altro soggetto). In tema di reati tributari, ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 3 d.lg. n. 74 del 2000 (dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici), premesso che non è sufficiente la sola falsa rappresentazione (realizzabile anche in forma omissiva), nelle scritture contabili obbligatorie, degli elementi sulla base dei quali si determina l'obbligazione tributaria, ma occorre anche un "quid plurius" costituito dall'uso di "mezzi fraudolenti idonei ad ostacolarne l'accertamento", deve ritenersi che siano tali tutti quegli accorgimenti la presenza dei quali imponga l'effettuazione di accertamenti fiscali e indagini penali che altrimenti non sarebbero stati necessari. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto che correttamente fosse stato ravvisato l'uso di mezzi fraudolenti in un caso in cui era risultato che la società amministrata dall'imputato, avendo ricevuto pagamenti per servizi resi ad altra società, ne aveva contabilizzati solo una parte, dirottando l'altra, senza che di ciò risultasse traccia nelle proprie scritture contabili, sul conto corrente di una società fiduciaria facente capo ad un prossimo congiunto dell'imputato medesimo)”.

Cassazione penale sez. III 18 marzo 2014 n. 18698 : “In tema di reati di frode fiscale, mentre quello di cui all’art. 3 del d.lg. n. 74 del 2000 prescinde dall’uso di false fatturazioni o documentazione equipollente ed è configurabile esclusivamente nei confronti dei soggetti obbligati a tenere le scritture contabili, quello di cui all’art. 2 può essere commesso da qualsiasi soggetto tenuto alla dichiarazione dei redditi e dell’Iva mediante la sola utilizzazione di fatture o altri documenti relativi ad operazioni inesistenti”.

Cassazione penale sez. III 15 gennaio 2014 n. 37730 : “In tema di "omesso versamento delle ritenute operate sugli emolumenti erogati e sul pagamento dell'acconto i.v.a.", la sussistenza delle certificazioni ai sostituiti d'imposta non è essenziale sul piano probatorio potendo desumersi "aliunde" la prova dell'effettivo versamento delle retribuzioni, quali altre prove documentali o prove testimoniali, potendo essere anche indiziarie. Inoltre, lo stato d'insolvenza non libera il sostituto d'imposta, dovendo questi adempiere al proprio obbligo di corrispondere le ritenute così come adempie a quello di pagare le retribuzioni”.

ARTICOLO N.4

Dichiarazione infedele.

1. Fuori dei casi previsti dagli articoli 2 e 3, è punito con la reclusione da uno a tre anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi inesistenti, quando, congiuntamente (1):

a) l'imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a euro centocinquantamila (2);

b) l'ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all'imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi inesistenti, è superiore al dieci per cento dell'ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione o, comunque, è superiore a euro tre milioni (3).

1-bis. Ai fini dell'applicazione della disposizione del comma 1, non si tiene conto della non corretta classificazione, della valutazione di elementi attivi o passivi oggettivamente esistenti, rispetto ai quali i criteri concretamente applicati sono stati comunque indicati nel bilancio ovvero in altra documentazione rilevante ai fini fiscali, della violazione dei criteri di determinazione dell'esercizio di competenza, della non inerenza, della non deducibilità di elementi passivi reali (4).

1-ter. Fuori dei casi di cui al comma 1-bis, non danno luogo a fatti punibili le valutazioni che singolarmente considerate, differiscono in misura inferiore al 10 per cento da quelle corrette. Degli importi compresi in tale percentuale non si tiene conto nella verifica del superamento delle soglie di punibilità previste dal comma 1, lettere a) e b) (5).

(1) Alinea modificato dall'articolo 4, comma 1, lettera d), del D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158.

(2) Lettera modificata dall'articolo 2, comma 36-vicies semel, lett. d) del D.L. 13 agosto 2011, n. 138; vedi anche il comma 36-vicies bis del medesimo articolo 2. Successivamente modificata dall'articolo 4, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158.

(3) Lettera modificata dall'articolo 2, comma 36-vicies semel, lett. e) del D.L. 13 agosto 2011, n. 138; vedi anche il comma 36-vicies bis del medesimo articolo 2. Successivamente modificata dall'articolo 4, comma 1, lettere b) e d), del D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158.

(4) Comma aggiunto dall'articolo 4, comma 1, lettera c), del D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158.

(5) Comma aggiunto dall'articolo 4, comma 1, lettera c), del D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158.

Cassazione penale sez. III 26 aprile 2016 n. 40317 : “L'art. 4, d.lg. n. 74 del 2000, richiede ai fini della punibilità del reato di dichiarazione infedele la doppia soglia indicata dal comma primo, ossia richiede congiuntamente che: a) l'imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a euro centocinquantamila; e che, b) l'ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all'imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi inesistenti, è superiore al dieci per cento dell'ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o, comunque, è superiore a euro tre milioni”.

Cassazione penale sez. III 23 marzo 2016 n. 39379 : “Per la determinazione dell'imposta sottratta, anche ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 4 d.lg. n. 74 del 2000 ed anche al fine della verifica del superamento delle soglie di rilevanza penale applicabili, deve tenersi conto anche degli elementi negativi di reddito, a condizione che siano legittimamente detraibili, spettando esclusivamente al giudice penale il compito di accertare e determinare l'imposta dovuta, attraverso una verifica che può sovrapporsi ed anche eventualmente venire in contraddittorio con quella eventualmente effettuata avanti al giudice tributario”.

Cassazione penale sez. III 09 febbraio 2016 n. 28226 : “In materia di reati tributari, il carattere residuale del reato di dichiarazione infedele, di cui all'art. 4 del d.lgs n. 74 del 2000, ne esclude il concorso con il delitto di frode fiscale, previsto dall'art. 2 del citato D.Lgs., quando la condotta materiale abbia ad oggetto la medesima dichiarazione”.

Cassazione penale sez. II 15 dicembre 2015 n. 3691 : “In relazione all'ipotesi di reato di cui all'art. 648 ter.1 c.p., introdotto dalla l. 14 dicembre 2014 n. 186, è irrilevante la realizzazione del cd. reato presupposto in epoca antecedente all'entrata in vigore di tale normativa (fattispecie nella quale è stata ritenuta la sussistenza del delitto di autoriciclaggio avente come reato presupposto violazioni tributarie ai sensi dell'art. 4 d.lg. n. 74 del 2000 precedenti l'1 gennaio 2015).

Ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 648 ter.1 c.p. (autoriciclaggio), introdotto dalla l. 14 dicembre 2014, n. 186, è irrilevante la realizzazione, in epoca antecedente l'entrata in vigore di tale normativa, delle condotte di cui all'art. 4, d.lg. n. 74 del 2000, assunte ad ipotesi di reato presupposto”.

Cassazione penale sez. III 20 novembre 2015 n. 42744 : “La condotta di colui che nelle dichiarazioni infedeli indichi elementi attivi inferiori a quelli reali è punibile solo laddove l'ammontare dell'imposta evasa sia superiore, per ogni anno e per ognuna delle singole imposte, ad euro 150.000,00 e che il totale degli elementi attivi così sottratti all'imposizione sia superiore, in relazione a ciascun anno, al 10% del totale degli elementi attivi reali o sia comunque superiore ad euro 3.000.000,00”.

Cassazione penale sez. III 11 novembre 2015 n. 891 : “La modifica, ad opera d.lg. n. 158 del 2015, delle soglie di punibilità previste per il reato di dichiarazione infedele di cui all'art. 4 d.lg. n. 74 del 2000 comporta una ipotesi di "abolitio criminis" parziale, rilevante ai sensi dell'art. 2, comma 2, c.p. Pertanto, nel caso in cui l'illecito contestato risulti inferiore nel quantum alla nuova soglia di punibilità, l'imputato dovrà essere assolto con la formula piena perché il fatto non sussiste, essendo venuto meno un elemento costitutivo del reato”.

Cassazione penale sez. III 01 ottobre 2015 n. 40272 : “In tema di reati tributari, la disposizione transitoria di cui all'art. 1, comma 5, d.lg. 5 agosto 2015, n. 128, che prevede l'applicazione dell'art. 10-bis l. 27 luglio 2000, n. 212 anche alle condotte commesse anteriormente alla propria entrata in vigore solo se non sia ancora stato notificato un atto impositivo, non impedisce di ritenere non più penalmente rilevanti le condotte fiscalmente elusive integranti mero abuso del diritto, per effetto del comma 13 del medesimo art. 10-bis, in quanto tale comma, realizzando una sostanziale “abolitio criminis”, deve operare retroattivamente senza condizioni.

Non è più configurabile il reato di dichiarazione infedele, in presenza di condotte puramente elusive ai fini fiscali, in quanto l'art. 10-bis, comma 13, della l. 27 luglio 2000, n. 212, introdotto dall'art. 1 del d.lg. 5 agosto 2015, n. 128, esclude che operazioni esistenti e volute, anche se prive di sostanza economica e tali da realizzare vantaggi fiscali indebiti, possano integrare condotte penalmente rilevanti. (Fattispecie in cui l'esposizione in dichiarazione di elementi passivi nel reddito di impresa a seguito di un contratto di stock lending è stata ritenuta condotta non più penalmente rilevante in quanto unicamente elusiva e quindi rientrante nella previsione del suddetto ius superveniens).

Le condotte realizzate mediante la stipulazione di contratti sottoscritti al solo fine di eludere disposizioni fiscali (senza elementi di simulazione, falsità o fraudolenza), in quanto ricomprese nella nozione di abuso del diritto, sono penalmente irrilevanti (nella specie, è stata esclusa la rilevanza penale, quale elemento della fattispecie del delitto di dichiarazione infedele, dell'indicazione di elementi passivi frutto di condotte elusive poste in essere attraverso la conclusione ed esecuzione di contratti - stock lending agreement - che, mediante lo strumento del prestito di azioni e delle connesse pattuizioni sulla remunerazione del prestito, in assenza di un effettivo contenuto economico, consentivano un risparmio fiscale).

Non si considera imposta evasa quella teorica, e non effettivamente dovuta, collegata a una rettifica in diminuzione di perdite dell'esercizio o di perdite pregresse spettanti e utilizzabili”.

Cassazione penale sez. fer. 28 luglio 2015 n. 34974 : “Il giudice penale non è vincolato alla imposta accertata in sede tributaria, ma, per discostarsi dal dato quantitativo risultante dall'accertamento con adesione o dal concordato fiscale per tenere conto, invece, dell'iniziale pretesa tributaria dell'amministrazione finanziaria al fine della verifica della soglia di punibilità prevista dall'art. 4 d.lg. n. 74/2000, occorre che risultino concreti elementi di fatto che rendano maggiormente attendibile l'iniziale quantificazione della imposta dovuta”.

Cassazione penale sez. III 23 giugno 2015 n. 30492 : “In tema di reati tributari, il liquidatore di una società di capitali può rispondere, in relazione alle dichiarazioni annuali pesentate dopo il suo insediamento, dei reati di cui agli artt. 2 e 4 del D.Lgs. 3 ottobre 2000, n. 74, purchè emergano elementi dai quali poter desumere quanto meno la sussistenza del dolo eventuale, e dunque la conoscenza o conoscibilità, attraverso una diligente verifica della contabilità e dei bilanci, della fittizietà delle poste e della falsità delle fatture inserite nella dichiarazione. (Annulla con rinvio, Trib. lib. Pescara, 29/12/2014)”.

Cassazione penale sez. III 28 aprile 2015 n. 50201 : “Ai fini della configurabilità del reato di dichiarazione infedele (di cui all'art. 4 d.lg. n. 74 del 2000), nell'ipotesi di società in nome collettivo in cui i poteri di amministrazione spettano ai soci in modo disgiunto, la sottoscrizione della dichiarazione da parte di un socio, in assenza di un conferimento di delega in materia fiscale in via esclusiva ad uno di essi, non esonera automaticamente gli altri da responsabilità, essendo comunque necessario accertare, in concreto, se e quale tipo di attività gestionale venga svolta dagli altri soci nella specifica materia fiscale.

La sottoscrizione da parte di un socio amministratore di una società in nome collettivo non esonera automaticamente gli altri soci amministratori dalle responsabilità fiscali, occorrendo invece accertare in concreto se gli altri soci svolgano attività gestionali in quella specifica materia e quale sia l'apporto concorsuale penalmente rilevante nella gestione della materia fiscale da parte dell'altro (o altri) socio”.

Cassazione penale sez. III 24 aprile 2015 n. 33602 : “La revoca parziale del sequestro preventivo finalizzato alla confisca del profitto derivante dal mancato pagamento dell'imposta evasa, nel caso di intervenuta rateizzazione del debito tributario, deve essere richiesta dall'interessato al p.m., previa dimostrazione del “quantum” corrisposto per i ratei di imposta al netto di interessi e sanzioni, mentre non può essere domandata, in difetto di tali indicazioni, al Tribunale del riesame o dell'appello cautelare, essendo tale organo sprovvisto di poteri istruttori e, quindi, salvi i casi di immediata soluzione sulla base degli atti, non in condizione di dirimere le questioni contabili derivanti dal pagamento parziale”.

Cassazione penale sez. III 22 aprile 2015 n. 21044 : “La responsabilità, anche penale, del rappresentante fiscale di società estere discende dagli obblighi cui lo stesso è tenuto ai sensi della normativa in materia di imposta sul valore aggiunto. Pertanto è indubitabile che le condotte penalmente rilevanti individuate dalla normativa possano configurarsi anche con riguardo alla sua figura ed attività in quanto questi rappresenta l'unico interlocutore in Italia, sia pure in solido, per le obbligazioni fiscali e doganali”.

Cassazione penale sez. III 14 aprile 2015 n. 21612 : “II reato tributario di dichiarazione infedele non richiede la sussistenza di una dichiarazione fraudolenta, ma soltanto la presentazione di una dichiarazione infedele e, pertanto, la mera indicazione, anche senza l'uso di mezzi fraudolenti, di elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo ed elementi passivi fittizi”.

Cassazione penale sez. II 18 febbraio 2015 n. 9392 : “Bene è ritenuta assoggettabile a confisca, ai sensi dell'art. 648 quater c.p., come profitto dei reati di cui agli art. 648 bis e 648 ter c.p., soltanto la somma corrispondente al valore dell'imposta che era stata evasa mediante la commissione del reato presupposto, in quanto consistito nella dichiarazione infedele prevista dall'art. 4 d.lg. n. 74 del 2000, e non la maggior somma corrispondente all'intero importo dei ricavi d'impresa realizzati mediante il reimpiego di quanto derivato dalle operazioni effettuate "in nero"”.

Cassazione penale sez. IV 22 gennaio 2015 n. 4906 : “In tema di dichiarazione infedele, gli importi concernenti l'IRAP non possono concorrere a determinare il profitto del reato e, conseguentemente, non rilevano nel determinare il superamento della soglia di punibilità”.

ARTICOLO N.5

Omessa dichiarazione.

1. E' punito con la reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni chiunque al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, non presenta, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni relative a dette imposte, quando l'imposta evasa e' superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte ad euro cinquantamila (1).

1-bis. E' punito con la reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni chiunque non presenta, essendovi obbligato, la dichiarazione di sostituto d'imposta, quando l'ammontare delle ritenute non versate e' superiore ad euro cinquantamila. (2).

2. Ai fini della disposizione prevista dai commi 1 e 1-bis non si considera omessa la dichiarazione presentata entro novanta giorni dalla scadenza del termine o non sottoscritta o non redatta su uno stampato conforme al modello prescritto (3).

(1) Comma modificato dall'articolo 2, comma 36-vicies semel, lett. f) del D.L. 13 agosto 2011, n. 138; vedi anche il comma 36-vicies bis del medesimo articolo 2 e successivamente sostituito dall'articolo 5, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158 .

(2) Comma inserito per effetto della sostituzione del comma 1 con i commi 1 e 1-bis, disposta dall'articolo 5, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158 .

(3) Comma modificato dall'articolo 5, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158 .

Cassazione penale sez. III 12 aprile 2016 n. 35294 : “In tema di reati tributari, in caso di contratto di "sale and lease back", ai fini della verifica del superamento della soglia di punibilità di cui all'art. 5 del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, per il delitto di omessa presentazione di dichiarazione Iva, il reddito di impresa deve essere calcolato mediante la ripartizione delle plusvalenze in funzione della durata del contratto, ai sensi dell'art. 2425 - bis, comma quarto, cod. civ.”.

Cassazione penale sez. IV 03 marzo 2016 n. 24691 : “In tema di reati tributari, il termine di prescrizione del reato di omessa dichiarazione, di cui all'art. 5, D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, decorre non dal giorno in cui l'accertamento del debito di imposta diviene definitivo, ma dal novantunesimo giorno successivo alla scadenza del termine ultimo stabilito dalla legge per la presentazione della dichiarazione annuale”.

Cassazione penale sez. III 02 marzo 2016 n. 15899 : “Ai fini della configurabilità del reato di omessa dichiarazione IRPEF o IVA, il giudice, nel determinare l'ammontare dell'imposta evasa, sulla base della contrapposizione tra ricavi e costi di esercizio detraibili, può fare ricorso alle risultanze delle indagini bancarie svolte nella fase dell'accertamento tributario, a condizione che proceda ad autonoma verifica di tali dati indiziari unitamente ad elementi di riscontro, eventualmente acquisiti anche "aliunde", che diano certezza dell'esistenza della condotta criminosa, privilegiando il dato fattuale reale rispetto a quello di natura meramente formale che caratterizza l'ordinamento fiscale. (In applicazione del principio, la Corte ha annullato la sentenza di condanna che - assumendo quale prova della commissione del reato le sole emergenze dei dati bancari - aveva attribuito valenza di riscontro al silenzio serbato dall'imputato e alla deposizione dell'operatore dell'amministrazione finanziaria, che si era limitato ad illustrare le modalità dell'accertamento induttivo seguito per la determinazione dell'imponibile)”.

Cassazione penale sez. III 26 gennaio 2016 n. 12810 : “Le dichiarazioni suscettibili di costituire l'oggetto materiale del reato, previsto dall'art. 5 del d.lg. n. 74 del 2000, sono esclusivamente le dichiarazioni dei redditi e le dichiarazioni annuali IVA (nella specie, all'imputato era contestato di aver omesso di presentare, quale legale rappresentante di una s.r.l., le dichiarazioni ai fini IRES ed IRAP relative agli anni 2010, 2011 e 2012)”.

Nel sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente, ai fini della quantificazione del profitto del reato di cui all’art. 5 del d.lg. n. 74 del 2000 è irrilevante l'evasione dell'imposta regionale sulle attività produttive (I.r.a.p.), che non è un'imposta sui redditi in senso tecnico”.

Cassazione penale sez. III 19 gennaio 2016 n. 18936 : “In tema di reati tributari, la prova del dolo specifico di evasione, nel delitto di omessa dichiarazione (art. 5, D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74), può essere desunta dall'entità del superamento della soglia di punibilità vigente, unitamente alla piena consapevolezzza, da parte del soggetto obbligato, dell'esatto ammontare dell'imposta dovuta”.

Cassazione penale sez. III 18 giugno 2015 n. 37856 : “In tema di reati tributari, l'affidamento ad un professionista dell'incarico di predisporre e presentare la dichiarazione annuale dei redditi non esonera il soggetto obbligato dalla responsabilità penale per il delitto di omessa dichiarazione (art. 5, D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74), in quanto, trattandosi di reato omissivo proprio, la norma tributaria considera come personale ed indelegabile il relativo dovere; tuttavia, la prova del dolo specifico di evasione non deriva dalla semplice violazione dell'obbligo dichiarativo nè da una "culpa in vigilando" sull'operato del professionista che trasformerebbe il rimprovero per l'atteggiamento antidoveroso da doloso in colposo, ma dalla ricorrenza di elementi fattuali dimostrativi che il soggetto obbligato ha consapevolmente preordinato l'omessa dichiarazione all'evasione dell'imposta per quantità superiori alla soglia di rilevanza penale.

L'obbligo della presentazione della dichiarazione dei redditi incombe direttamente sul contribuente e, in caso di persone giuridiche, su chi ne abbia la legale rappresentanza, tenuto a sottoscrivere la dichiarazione a pena di nullità. Il fatto che il contribuente possa avvalersi di persone incaricate della materiale predisposizione e trasmissione della dichiarazione non trasferisce su queste ultime l'obbligo dichiarativo che fa comunque carico direttamente al contribuente il quale, infatti, in caso di trasmissione telematica della dichiarazione rimane comunque obbligato alla conservazione della copia sottoscritta della dichiarazione. L'adempimento formale, dunque, fa carico al contribuente il quale deve essere a conoscenza delle relative scadenze e può anche giovarsi, a fini penali, del termine di 90 giorni concesso dalla legge in caso di infruttuoso superamento dei termine. Ne consegue che il sol fatto di aver affidato ad un professionista, già incaricato della tenuta della contabilità, il compito di predisporre e trasmettere la dichiarazione dei redditi, non è circostanza che giustifica di per sé la violazione dell'obbligo o possa escludere la consapevolezza della inutile scadenza del termine. Solo la forza maggiore può giustificare tale omissione, ma nella valutazione della sua sussistenza non si può prescindere dal fatto che il contribuente ha 90 giorni di tempo dalla scadenza dei termine per adempiere all'obbligo”.

Cassazione penale sez. III 18 giugno 2015 n. 33026 : “In tema di reati tributari, la presentazione di dichiarazione dei redditi oltre i novanta giorni dalla scadenza del termine integra il reato di cui all'art. 5 del D.Lgs. n. 74 del 2000, e non quello di cui all'art. 2 del decreto medesimo, anche quando all'interno di essa sono indicati elementi passivi fittizi derivanti dall'utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti. (In motivazione, la Corte ha osservato che dalla nullità fiscale della dichiarazione fraudolenta non può farsi seguire alcuna conseguenza di carattere penale, anche in considerazione di quanto previsto dall'art. 2, comma settimo, d.P.R. n. 322 del 1998, che limita gli effetti della dichiarazione presentata oltre i novanta giorni ai soli aspetti "favorevoli" all'Amministrazione finanziaria”.

Cassazione penale sez. III 17 giugno 2015 n. 33397 : “In tema di reati, anche omissivi, commessi in nome e per conto della società, il soggetto attivo del reato va individuato nell'amministratore di fatto, mentre il prestanome assume il ruolo di concorrente per non avere impedito l'evento che aveva il dovere di impedire, atteso che il più delle volte il prestanome non ha alcun potere d'ingerenza nella gestione della società. (Fattispecie in tema di omessa dichiarazione dei redditi di società uni personale)”.

Cassazione penale sez. III 14 maggio 2015 n. 38780 : “Del reato di omessa presentazione della dichiarazione ai fini delle imposte dirette o i.v.a., l'amministratore di fatto risponde quale autore principale, in quanto titolare effettivo della gestione sociale e, pertanto, nelle condizioni di poter compiere l'azione dovuta, mentre l'amministrazione di diritto, quale mero prestanome, è responsabile a titolo di concorso per omesso impedimento dell'evento (art. 40, comma 2, c.p. e 2932 c.c.), a condizione che ricorra l'elemento soggettivo richiesto dalla norma incriminatrice.

Il reato di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi, previsto dall'art. 5 d.lg. n. 74 del 2000, è addebitabile, nel caso di redditi conseguiti da organismi societari, non solo all'amministratore di diritto, formalmente tenuto all'incombente in questione, ma anche al soggetto al quale sia riconoscibile il ruolo di amministratore di fatto”.

Cassazione penale sez. III 04 marzo 2015 n. 26728 : “Ai fini della integrazione del reato di cui all'art. 5 D.Lgs. 74 del 2000, l'obbligo di presentazione della dichiarazione annuale dei redditi da parte di una società commerciale avente sede legale all'estero ma operante in Italia non sussiste quando la sede della direzione effettiva della società non è situata nel territorio italiano, atteso anche quanto previsto dalle norme internazionali contro le doppie imposizioni fiscali. (In applicazione del principio, la S.C. ha rigettato il ricorso del pubblico ministero avverso l'annullamento di un sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente, di beni appartenenti all'amministratore di società avente sede legale ed operativa in Malta da dove, mediante piattaforma informatica, svolgeva in Italia l'attività di concessionario per l'esercizio dei giochi "on line")”.

Cassazione penale sez. II 10 dicembre 2014 n. 981 : “In tema di reati tributari, e segnatamente di omissione della dichiarazione dei redditi (art. 5 d.lg. n. 74/2000), va riconosciuto il principio di assorbimento della truffa nella fattispecie tributaria. Tale ipotesi di reato risulta incompatibile con il concorrente reato di truffa aggravata in danno dello Stato. Peraltro, ove fosse possibile un concorso fra il delitto di cui all'art. 5 d.lg. n. 74/2000 e quello di cui all'art. 640 bis c.p., quest'ultimo non potrebbe che ritenersi consumato nel momento in cui il soggetto agente ha conseguito il profitto, momento che coinciderebbe con quello di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi”.

ARTICOLO N.6

Tentativo.

1. I delitti previsti dagli articoli 2, 3 e 4 non sono comunque punibili a titolo di tentativo.

Cassazione penale sez. III 27 aprile 2012 n. 23229 : “In tema di reati tributari, non risponde del reato di cui all'art. 2 d.lg. n. 74 del 2000, nemmeno a titolo di tentativo, l'amministratore di una società il quale, dopo aver acquisito e registrato una fattura per operazioni inesistenti, sia cessato dalla carica prima della presentazione della dichiarazione fiscale per la cui redazione la medesima fattura venga poi utilizzata dal suo successore”.

Cassazione penale sez. III 17 marzo 2010 n. 14862 : “Il potenziale utilizzatore di documenti o fatture emesse per operazioni inesistenti concorre con l'emittente, secondo l'ordinaria disciplina dettata dall'art. 110 c.p., non essendo applicabile in tal caso il regime derogatorio previsto dall'art. 9 d.lg. 10 marzo 2000 n. 74. (Fattispecie in tema di sequestro preventivo in cui la Corte ha precisato che una diversa interpretazione determinerebbe una situazione di irrilevanza penale nei confronti di chi abbia posto in essere comportamenti riconducibili alla previsione concorsuale in relazione all'emissione della documentazione fittizia, non utilizzando poi le fatture per essere avvenuti gli accertamenti prima della scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione, poiché questi non potrebbe essere sanzionato né a norma dell'art. 8, a titolo di concorso, né a norma dell'art. 2, a titolo di tentativo)”.

Cassazione penale sez. III 14 novembre 2007 n. 3052 : “In tema di emissione di fatture per operazioni inesistenti (art. 8, d.lg. 10 marzo 2000, n. 74), qualora il beneficiario della falsa fattura non se ne avvalga nella propria dichiarazione fiscale, deve esserne esclusa la punibilità a titolo di concorso ex art. 110 c.p. (ovvero quale concorrente nel reato di cui all'art. 8), in ossequio al principio generale della non punibilità del tentativo contenuto nell'art. 6 del richiamato d.lg. n. 74 del 2000”.

ARTICOLO N.7

Rilevazioni nelle scritture contabili e nel bilancio.

[ 1. Non danno luogo a fatti punibili a norma degli articoli 3 e 4 le rilevazioni nelle scritture contabili e nel bilancio eseguite in violazione dei criteri di determinazione dell'esercizio di competenza ma sulla base di metodi costanti di impostazione contabile, nonché le rilevazioni e le valutazioni estimative rispetto alle quali i criteri concretamente applicati sono stati comunque indicati nel bilancio.

2. In ogni caso, non danno luogo a fatti punibili a norma degli articoli 3 e 4 le valutazioni estimative che, singolarmente considerate, differiscono in misura inferiore al dieci per cento da quelle corrette. Degli importi compresi in tale percentuale non si tiene conto nella verifica del superamento delle soglie di punibilità previste nel comma 1, lettere a ) e b ), dei medesimi articoli.]

(1) Articolo abrogato dall'articolo 14, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158 .

Cassazione penale sez. III 27 marzo 2013 n. 36910 : “Le rilevazioni nelle scritture contabili e nel bilancio che, ai sensi dell'art. 7 d.lg. n. 74 del 2000 non danno luogo a fatti punibili a norma degli art. 3 e 4 dello stesso decreto sono solo quelle che, pur essendo state eseguite in violazione dei criteri di determinazione dell'esercizio di competenza, rispondono a "metodi costanti di impostazione contabile", dovendo la prova dell'esistenza di questi ultimi emergere con chiarezza dalla lettura dei bilanci e delle scritture contabili nella loro interezza e non invece essere considerata raggiunta sulla base di semplici rilievi a campione. L'oggetto dell'accertamento è, infatti, proprio la "costanza" e non, semplicemente, la "frequenza" dei metodi in questione, che sola può far ritenere non punibile la violazione dei criteri di determinazione dell'esercizio di competenza”.


CAPO II
Delitti in materia di documenti e pagamento di imposte.

ARTICOLO N.8

Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.

1. E' punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque, al fine di consentire a terzi l'evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, emette o rilascia fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.

2. Ai fini dell'applicazione della disposizione prevista dal comma 1, l'emissione o il rilascio di più fatture o documenti per operazioni inesistenti nel corso del medesimo periodo di imposta si considera come un solo reato.

[ 3. Se l'importo non rispondente al vero indicato nelle fatture o nei documenti è inferiore a euro 154.937,07 per periodo di imposta, si applica la reclusione da sei mesi a due anni.](1)

(1) Comma abrogato dall'articolo 2, comma 36-vicies semel, lett. g) del D.L. 13 agosto 2011, n. 138; vedi anche il comma 36-vicies bis del medesimo articolo 2.

Cassazione penale sez. III 02 marzo 2016 n. 25033 : “Integra il reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti (art. 8 D.Lgs. n. 74 del 2000) la consegna di fatture emesse utilizzando una partita IVA di cui sia stata già comunicata la cessazione, in quanto la eventuale irregolarità, sul piano formale, della fattura non esclude il fatto materiale della sua emissione e del suo utilizzo allo scopo di evadere le imposte”.

Cassazione penale sez. III 15 ottobre 2014 n. 50628 : “In tema di reati tributari, non integra la fattispecie di emissione di fatture per operazioni inesistenti (art. 8 d.lg. n. 74 del 2000) la consegna di fattura priva dei requisiti di forma e contenuto indicati dall'art. 21, comma 2, d.P.R. n. 633 del 1972, che costituiscono gli elementi necessari affinché si possa presumere la veridicità di quanto rappresentato nel documento, così da renderlo idoneo a costituire titolo per il contribuente ai fini della deduzione del costo relativo. (Fattispecie di rilascio a terzi di bollettari, in bianco, completi di partita i.v.a. e del timbro con la ragione sociale dell'impresa)”.

Cassazione penale sez. III 30 settembre 2014 n. 43580 : “Il principio di proporzionalità e adeguatezza delle misure cautelari - operante anche con riferimento alle cautele reali non impedisce la sottoposizione a vincolo cautelare di beni di valore sproporzionato rispetto all'entità del profitto, ma pone il limite oltre cui tale vincolo non si giustifica (confermato il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente, disposto dal gip ai danni di un indagato per il reato ex art. 8 d.lg. n. 74 del 2000, di beni e disponibilità finanziarie fino alla concorrenza di 15.000 euro anche se il provvedimento era caduto su un immobile di valore superiore ai 50.000 euro, atteso che ciò non comportava il venir meno del vincolo, che rimaneva valido fino alla concorrenza della somma indicata, indipendentemente dal valore complessivo dei beni attinti)”.

ARTICOLO N.9

Concorso di persone nei casi di emissione o utilizzazione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.

1. In deroga all'art. 110 del codice penale:

a) l'emittente di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e chi concorre con il medesimo non è punibile a titolo di concorso nel reato previsto dall'art. 2;

b) chi si avvale di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e chi concorre con il medesimo non è punibile a titolo di concorso nel reato previsto dall'art. 8.

Cassazione penale sez. III 20 luglio 2016 n. 35459 : “In materia di emissione di fatture per operazioni inesistenti, il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente non può essere disposto sui beni dell'emittente per il valore corrispondente al profitto conseguito dall'utilizzatore delle fatture medesime poiché il regime derogatorio previsto dall'art. 9 d.lg. n. 74 del 2000 impedisce l'applicazione del principio solidaristico, valido nei soli casi di illecito plurisoggettivo”.

Cassazione penale sez. III, 11/05/2016, n. 28979: “In tema di reati tributari, la disciplina in deroga al concorso di persone nel reato, prevista dall'art. 9 d.lg. 10 marzo 2000 n. 74, non si applica laddove amministratore delle società, rispettivamente emittente e utilizzatrice delle stesse fatture per operazioni inesistenti, sia la medesima persona”.

Cassazione penale sez. III 04 febbraio 2016 n. 15458 : “In tema di emissione di fatture per operazioni inesistenti, non può essere disposta la confisca per equivalente sui beni dell'emittente per il valore corrispondente al profitto conseguito dall'utilizzatore delle fatture medesime, poiché il regime derogatorio previsto dall'art. 9 D.Lgs. n. 74 del 2000 - escludendo la configurabilità del concorso reciproco tra chi emette le fatture per operazioni inesistenti e chi se ne avvale - impedisce l'applicazione in questo caso del principio solidaristico, valido nei soli casi di illecito plurisoggettivo”.

Cassazione penale sez. III, 02/03/2016, n. 17418 : “È configurabile il concorso nel reato di frode fiscale di coloro che - pur non rivestendo cariche nella società cui si riferisce l'emissione di fatture per operazioni inesistenti - abbiano, in qualsivoglia modo, partecipato a creare il meccanismo fraudolento che ha consentito alla società utilizzatrice delle fatture per operazioni inesistenti di potersi procurare fatture passive da inserire in dichiarazione per abbattere l'imponibile societario, non rilevando, peraltro, la prova dell'effettivo inserimento in dichiarazione delle medesime, stante la natura di reato di pericolo del delitto di cui all'art. 8 d.lg. n. 74 del 2000, che punisce la sola emissione o rilascio delle fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, a differenza della speculare previsione dell'art. 2 d.lg. n. 74 del 2000, che non richiede solo l'avvalersi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti ma anche, e soprattutto, l'indicazione in una delle dichiarazioni relative a dette imposte di elementi passivi fittizi”.

Cassazione penale sez. III, 04/02/2016, n. 15458 : “In tema di emissione di fatture per operazioni inesistenti, non può essere disposta la confisca per equivalente sui beni dell'emittente per il valore corrispondente al profitto conseguito dall'utilizzatore delle fatture medesime, poiché il regime derogatorio previsto dall'art. 9 D.Lgs. n. 74 del 2000 - escludendo la configurabilità del concorso reciproco tra chi emette le fatture per operazioni inesistenti e chi se ne avvale - impedisce l'applicazione in questo caso del principio solidaristico, valido nei soli casi di illecito plurisoggettivo”.

Cassazione penale sez. III, 22/04/2015, n. 30168 : “Il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente non può, invero, essere disposto sui beni dell'emittente per il valore corrispondente al profitto conseguito dall'utilizzatore delle fatture medesime, poiché il regime derogatorio previsto dall'art. 9 d.lg. n.74/2000 - escludendo la configurabilità di concorso reciproco tra chi emette le fatture per operazioni inesistenti e chi se ne avvale- impedisce l'applicazione in questo caso del principio solidaristico, valido nei soli casi di illecito plurisoggettivo”.

ARTICOLO N.10

Occultamento o distruzione di documenti contabili.

1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero di consentire l'evasione a terzi, occulta o distrugge in tutto o in parte le scritture contabili o i documenti di cui è obbligatoria la conservazione, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume di affari (1).

(1) Comma modificato dall'articolo 6, comma 1, del D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158 .

Cassazione penale sez. III 16 marzo 2016 n. 20748 : “In tema di reati tributari, il delitto di cui all'art. 10 D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, tutelando il bene giuridico della trasparenza fiscale, è integrato in tutti i casi in cui la distruzione o l'occultamento della documentazione contabile dell'impresa non consenta o renda difficoltosa la ricostruzione delle operazioni, rimanendo escluso solo quando il risultato economico delle stesse possa essere accertato in base ad altra documentazione conservata dall'imprenditore e senza necessità di reperire "aliunde" elementi di prova”.

Cassazione penale sez. III 02 marzo 2016 n. 19106 : “Ai fini della configurazione del reato di cui all'art. 10, D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, non è sufficiente un mero comportamento omissivo, ossia la omessa tenuta delle scritture contabili, che renda obiettivamente più difficoltosa, ma non impossibile, la ricostruzione della situazione contabile, ma è necessario un "quid pluris" a contenuto commissivo consistente nell'occultamento o nella distruzione dei documenti contabili la cui istituzione e tenuta è obbligatoria per legge”.

Cassazione penale sez. III 02 marzo 2016 n. 15900 : “In tema di reati tributari, del delitto di occultamento o distruzione di documenti contabili, di cui all'art. 10 del D. Lgs. n. 74 del 2000, risponde anche il mero amministratore di diritto, a titolo di concorso con l'amministratore di fatto per omesso impedimento dell'evento ex artt. 40, cpv. cod. pen., e art. 2932 cod. civ., a condizione, tuttavia, che il prestanome abbia agito col fine specifico di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero di consentire l'evasione fiscale di terzi”.

ARTICOLO N.10 bis

Omesso versamento di ritenute dovute o certificate (A) (B).

1. È punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione o risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a centocinquantamila euro per ciascun periodo d’imposta (1).

(A) Articolo inserito dall'articolo 1, comma 414, della legge 30 dicembre 2004, n. 311.

(B) Rubrica modificata dall'articolo 7, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158 .

(1) Comma modificato dall'articolo 7, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158 .

Cassazione penale sez. III 28 aprile 2016 n. 21987 : “In tema di reati tributari, il liquidatore di società risponde del delitto di omesso versamento delle ritenute certificate, previsto dall'art. 10-bis del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, non per il mero fatto del mancato pagamento, con le attività di liquidazione, delle imposte dovute per il periodo della liquidazione medesima e per quelli anteriori, ma solo qualora distragga l'attivo della società in liquidazione dal fine di pagamento delle imposte e lo destini a scopi differenti. (In motivazione, la S.C. ha chiarito che tali conclusioni sono imposte dalle limitazioni fissate, dall'art.36 del d.P.R. 602 del 1973, alla responsabilità in proprio del liquidatore, che sussiste solo qualora egli non provi di aver soddisfatto i crediti tributari anteriormente all'assegnazione di beni ai soci e creditori ovvero di aver soddisfatto crediti di ordine superiore a quelli tributari)”.

Cassazione penale sez. III 04 febbraio 2016 n. 7884 : “In materia di omesso versamento di ritenute, ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 10 bis d.lg. n. 74 del 2000, prima delle modifiche introdotte con il d.lg. 24 settembre 2015 n. 158 la prova dell'elemento costitutivo rappresentato dal rilascio ai sostituiti delle certificazioni attestanti le ritenute effettivamente operate non poteva essere costituita dal solo contenuto della dichiarazione modello 770 proveniente dal datore di lavoro. A seguito del novum normativo di cui al decreto legislativo n. 158 del 2015, invece, il reato previsto dall'articolo 10bis è stato modificato nella portata (eliminandosi l'inciso "ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituti"), in modo da non essere richiesta più la prova del rilascio delle certificazioni: tale modifica, peraltro, essendo norma più sfavorevole, perché agevola la dimostrazione del reato, è soggetta al principio tempus regit actum e non può applicarsi retroattivamente”.

Cassazione penale sez. III 07 gennaio 2016 n. 10104 : “In tema di omesso versamento di ritenute certificate, alla luce della modifica apportata dall'art. 7 del D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158, all'art. 10 bis del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, che ha esteso l'ambito di operatività della norma alle ipotesi di omesso versamento di ritenute dovute sulla base della dichiarazione proveniente dal datore di lavoro (c.d. mod. 770), deve ritenersi che per i fatti pregressi la prova dell'elemento costitutivo del reato non può essere costituita dal solo contenuto della dichiarazione, essendo necessario dimostrare l'avvenuto rilascio ai sostituiti delle certificazioni attestanti le ritenute operate dal datore di lavoro quale sostituto di imposta”.

Cassazione penale sez. III 16 dicembre 2015 n. 3541 : “Il reato di omesso versamento di ritenute risultanti dalle certificazioni rilasciate ai sostituti d'imposta (previsto dall'art. 10-bis D.Lgs. n. 74 del 2000) ha carattere istantaneo, perfezionandosi alla scadenza del termine di legge, con la conseguenza che l'ammissione al concordato preventivo della società, in epoca successiva alla scadenza del debito erariale, non elide la responsabilità del rappresentante legale”.

ARTICOLO N.10 ter

Omesso versamento di IVA (A)

1. E' punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa, entro il termine per il versamento dell'acconto relativo al periodo d'imposta successivo, l'imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione annuale, per un ammontare superiore a euro duecentocinquantamila per ciascun periodo d'imposta.

(A) Articolo inserito dall'articolo 35, comma 7, del D.L. 4 luglio 2006, n. 223 ; successivamente la Corte Costituzionale, con sentenza 8 aprile 2014, n. 80 (in Gazz.Uff., 16 aprile, n. 17), ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo, nella parte in cui, con riferimento ai fatti commessi sino al 17 settembre 2011, punisce l'omesso versamento dell'imposta sul valore aggiunto, dovuta in base alla relativa dichiarazione annuale, per importi non superiori, per ciascun periodo di imposta, ad euro 103.291,38. Da ultimo, articolo sostituito dall'articolo 8, comma 1, del D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158 .

Cassazione penale sez. III 11 maggio 2016 n. 30397 : “Il superamento della soglia di punibilità integra un elemento costitutivo dell'illecito di cui all'art. 10 -ter d.lg. n. 74 del 2000, con la conseguenza che il mancato superamento della soglia prevista implica l'assoluzione dell'imputato perchè il fatto non sussiste. La tenuità dell'offesa non può essere valutata con esclusivo riferimento all'eccedenza rispetto alla soglia di punibilità introdotta ex lege, ma deve essere considerata con riferimento alla «condotta nella sua interezza”.

Cassazione penale sez. III 21 aprile 2016 n. 25815 : “Non si applica il principio del "ne bis in idem", previsto dall'art. 649 cod. proc. pen., nel caso di procedimento penale avente ad oggetto il medesimo fatto per il quale sia stata già irrogata una sanzione amministrativa di natura "sostanzialmente penale" secondo l'interpretazione dell'art. 4 Protocollo n. 7 CEDU adottata dalla Corte EDU (cfr. le sentenze 4 marzo 2014, Grande Stevens c. Italia e 8 giugno 1976, Engel c. Paesi Bassi). (Fattispecie in tema di reato ex art. 10 ter D.Lgs. n. 74 del 2000, in cui la S.C., pur ravvisando il difetto di prova della definitività della sanzione amministrativa tributaria, ha chiarito che il giudice di merito avrebbe eventualmente dovuto sollevare questione di legittimità costituzionale dell'art. 649 cod. proc. pen. per violazione dell'art. 117 Cost. in relazione all'art. 4 Prot. n. 7 CEDU piuttosto che dichiarare il non doversi procedere)”.

Cassazione penale sez. III 21 aprile 2016 n. 38487 : “Il reato previsto dall'art. 10 -ter del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, presuppone che il debito IVA risulti dalla dichiarazione del contribuente e, pertanto, la fattispecie non è integrata qualora nella stessa dichiarazione sia esposto un credito tributario”.

Cassazione penale sez. III 24 febbraio 2016 n. 14744 : “In tema di omesso versamento dell'i.v.a., il soggetto che subentri ad altri nella carica di amministratore o (come nella specie) di liquidatore di una società di capitali dopo la presentazione della dichiarazione di imposta e prima della scadenza del versamento, senza compiere il previo controllo di natura puramente contabile sugli ultimi adempimenti fiscali, risponde del reato di cui all'art. 10 ter d.lg. 10 marzo 2000 n. 74 quantomeno a titolo di dolo eventuale, non versando in mera colpa. Ciò perché l'assunzione della carica di amministratore o di liquidatore comporta, per comune esperienza, una minima verifica della contabilità, dei bilanci e delle ultime dichiarazioni dei redditi, per cui, ove questo non avvenga, colui che subentra e/o assuma la carica si espone volontariamente a tutte le conseguenze che possono derivare da pregresse inadempienze, accettandone il rischio di risponderne anche penalmente”.

Cassazione penale sez. III 09 febbraio 2016 n. 28223 : “In tema di omesso versamento dell'i.v.a. (e di ritenute operate sulla retribuzione dei dipendenti) il profitto del reato consiste nel corrispondente risparmio di spesa ed, in particolare, nelle disponibilità liquide giacenti sui conti del contribuente alla data di scadenza del termine per il pagamento e non versate. Ne consegue che il sequestro, per essere qualificato come finalizzato alla confisca diretta del denaro costituente il profitto del reato omissivo, non può mai essere disposto, né essere eseguito, per importi comunque superiori ai saldi attivi giacenti sui conti bancari o postali di cui il contribuente disponeva la scadenza del termine per il pagamento”.

Cassazione penale sez. III 04 febbraio 2016 n. 12912 : “In tema di omesso versamento IVA, l'ammissione alla procedura di concordato preventivo, seppure antecedente alla scadenza del termine previsto per il versamento dell'imposta, non esclude il reato previsto dall'art. 10 ter D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74 in relazione al debito IVA scaduto e da versare”.

Cassazione penale sez. III 19 gennaio 2016 n. 9936 : “In tema di omesso versamento dell'i.v.a., l'applicabilità dell'istituto di cui all'art. 131 bis c.p. è configurabile soltanto qualora l'ammontare dell'imposta non corrisposta risulti di pochissimo superiore a quello fissato dalla soglia di punibilità prevista dall'art. 10 ter d.lg. n. 74 del 2000 (come modifcato dall'art. 8 d.lg n. 158 del 2015), dal momento che la previsione di quest'ultima evidenzia che il grado di offensività della condotta rilevante ai fini della configurabilità dell'illecito penale è stato già valutato dal legislatore. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha escluso la ricorrenza della non punibilità per particolare tenuità del fatto, dal momento che l'ammontare dell'imposta evasa risultava essere oltre il doppio della nuova soglia introdotta dal d.lg. n. 158 cit.)”.

Cassazione penale sez. III, 17/11/2015, n. 15922 : “Non esiste rapporto di specialità tra il reato di omesso versamento dell'IVA, previsto dall'art. 10 ter d.lg. n. 74 del 2000, e quello di truffa aggravata, dovendosi escludere che possa in tal caso trovare applicazione il principio affermato dalle S.U. della Cassazione con la sentenza n. 1235/2010, RV 248865, secondo cui sussiste invece il detto rapporto tra i reati di cui agli art. 2 e 8 del citato d.lg., da una parte, e quello di truffa aggravata, dall'altra, atteso che tale principio non può essere automaticamente esteso a tutti gli illeciti previsti dal diritto penale tributario e finanziario”.

ARTICOLO N.10 quater

Indebita compensazione (A)

1. E' punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione, ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, crediti non spettanti, per un importo annuo superiore a cinquantamila euro.

2. E' punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione, ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, crediti inesistenti per un importo annuo superiore ai cinquantamila euro.

(A) Articolo inserito dall'articolo 35, comma 7, del D.L. 4 luglio 2006, n. 223 e successivamente sostituito dall'articolo 9, comma 1, del D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158 .

Cassazione penale sez. III 06 novembre 2015 n. 5703 : “L'amministratore che crea fatture false e le utilizza nella dichiarazione della società al fine di detrarre indebitamente l'i.v.a., integra la fattispecie di dichiarazione fraudolenta ex art. 2 d.lg. n. 74 del 2000 e non l'indebita compensazione di cui all'art. 10 quater del medesimo decreto”.

Cassazione penale sez. III 07 luglio 2015 n. 36393 : “In tema di reati tributari, ai fini della configurabilità del delitto previsto dall'art. 10 quater del d.lg. n. 74 del 2000, per credito "non spettante" si intende quel credito che, pur certo nella sua esistenza e nell'ammontare, sia, per qualsiasi ragione normativa, ancora non utilizzabile (ovvero non più utilizzabile) in operazioni finanziarie di compensazione nei rapporti fra il contribuente e l'Erario. (Fattispecie in cui è stato ritenuto penalmente rilevante l'utilizzo in compensazione di un credito per la parte eccedente il limite di 516.456,90 euro, in violazione di quanto previsto dall'art. 34 l. n. 388 del 2000)”.

Cassazione penale sez. III 22 gennaio 2015 n. 48211 : “In tema di reati tributari, i crediti posti in compensazione oltre i limiti previsti dall'art. 34, comma primo, della legge del 23 dicembre 2000 n. 388, rientrano nella categoria dei crediti "non spettanti" e rilevano ai fini della configurabilità del reato previsto dall'art. 10 quater D.Lgs. n. 74 del 2000, nel testo vigente in epoca anteriore alle modifiche introdotte dal D.Lgs. 24 settembre 2015, n.158”.

Cassazione penale sez. III 21 gennaio 2015 n. 5177 : “Integra il reato di cui all'art. 10 quater d.lg. 10 marzo 2000 n. 74, e non quello di truffa aggravata, il comportamento fraudolento di porre in compensazione, ex art. 17 d.lg. 9 luglio 1997 n. 241, partite debitorie in favore del Fisco con crediti inesistenti o non dovuti, anche di natura previdenziale, sussistendo tra le fattispecie un rapporto di specialità unilaterale, laddove l'elemento specializzante è individuabile nell'esatta individuazione sia della natura dell'artificio, consistente nella compensazione mediante crediti inesistenti o non dovuti, sia del soggetto passivo, effettuata attraverso il rinvio recettizio ai soggetti creditori di cui all'art. 17 citato. (Da queste premesse la Corte, rigettando il ricorso del procuratore della Repubblica che sosteneva dovesse qualificarsi il fatto come truffa aggravata ex art. 640, comma 2, c.p., ha ritenuto corretta la decisione che aveva ravvisato invece il reato di cui all'art. 10 quater, escludendo peraltro la rilevanza penale della condotta per il mancato superamento della soglia di punibilità, individuata per relationem avendo riguardo al disposto dell'art. 10 bis dello stesso d.lg. n. 74 del 2000)”.

ARTICOLO N.11

Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte (A).

1. E' punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte di ammontare complessivo superiore ad euro cinquantamila, aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva. Se l'ammontare delle imposte, sanzioni ed interessi e' superiore ad euro duecentomila si applica la reclusione da un anno a sei anni.

2. E' punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, al fine di ottenere per sé o per altri un pagamento parziale dei tributi e relativi accessori, indica nella documentazione presentata ai fini della procedura di transazione fiscale elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi per un ammontare complessivo superiore ad euro cinquantamila. Se l'ammontare di cui al periodo precedente e' superiore ad euro duecentomila si applica la reclusione da un anno a sei anni.".

(A) Articolo sostituito dall'articolo 29, comma 4, del D.L. 31 maggio 2010, n. 78.

Cassazione penale sez. IV 21 settembre 2016 n. 45508 : “In sede di applicazione del sequestro preventivo nell'ambito del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, il profitto non è rappresentato dall'ammontare dell'imposta evasa, bensì dal valore dei beni sottratti all'esecuzione fiscale posto che la ratio della norma incriminatrice è quella di tutelare la garanzia generica del credito tributario, e non già il credito in quanto tale”.

Cassazione penale sez. III 24 febbraio 2016 n. 13233 : “Il reato previsto dall'art. 11, del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, è reato di pericolo integrato dall'uso di atti simulati o fraudolenti per occultare i propri o altrui beni al fine di sottrarsi al pagamento del debito tributario, delle sanzioni e relativi interessi, che, in base ad un giudizio ex ante, siano idonei a rendere in tutto o in parte inefficace l'attività recuperatoria dell'Amministrazione finanziaria. (Fattispecie in cui è stata ritenuta penalmente rilevante la condotta di colui che aveva realizzato la vendita di una particella immobiliare a società svizzera con soci non identificabili al solo fine di sottrarre il bene dalla procedura esecutiva promossa dall'Agenzia delle entrate)”.

Cassazione penale sez. II 26 gennaio 2016 n. 17723 : “Il reato previsto dall’art. 11 d.lg. n. 74/2000 è integrato dall’uso di mezzi fraudolenti per l’occultamento di beni propri o altrui al fine di sottrarsi al pagamento del debito tributario, delle sanzioni e relativi interessi. Tra tali mezzi fraudolenti, rientrano le condotte che specificamente mirano ad evitare la sottoposizione dei beni della società ad esecuzione forzata, come nel caso dello spostamento della sede sociale, operazione che, ripercuotendosi sull’individuazione della giurisdizione, costituisce un ostacolo a tale procedura laddove il trasferimento risulti fittizio”.

Cassazione penale sez. III 19 gennaio 2016 n. 4097 : “In tema di reati tributari, non possono sottoporsi alla misura della confisca per equivalente beni non individuati e non ricadenti nella disponibilità dell'imputato, ma che potrebbero un giorno ricadervi. Ciò in ossequio alla natura eminentemente sanzionatoria che distingue tale misura dal sequestro preventivo di cui all'art. 321 c.p.p., rendendola insuscettibile di proiezione nel futuro. Per poter applicare la confisca per equivalente è inoltre assolutamente necessario individuare in maniera esatta l'effettiva entità del vantaggio illecitamente percepito dal reo che, nel caso del reato di cui all'art. 11 d.lg.. n. 74 del 2000 (sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte), non può semplicemente corrispondere al patrimonio sottratto, ma deve necessariamente andare ad individuare e distinguere tra quanto alla fine incassato dal fisco e quanto invece definitivamente non recuperato perché sottratto con la (fraudolenta) cessione dei rami di azienda”.

Cassazione penale sez. III 16 dicembre 2015 n. 6798 : “Integra il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, previsto dall'art. 11 D.Lgs. n. 74 del 2000, una diminuzione, anche non totale, della garanzia patrimoniale generica offerta dal patrimonio del debitore fiscale”.

Cassazione penale sez. III 15 dicembre 2015 n. 8668 : “Il delitto di cui all'art. 11 d.lg. n. 74 del 2000 è caratterizzato dal dolo specifico, posto che la azione simulata o il compimento di atti fraudolenti, idonei a rendere inefficace la procedura di riscossione coattiva, nei quali la condotta sanzionata consiste, devono essere finalizzati alla sottrazione al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a suddette imposte, sicchè deve ritenersi che una condotta il cui risultato economico fosse destinato ad andare, anziché a detrimento, addirittura a beneficio dell'erario, non potrebbe dirsi accompagnata dal dolo specifico de quo, indipendentemente dal fatto che le imposte in tal modo pagate fossero quelle per le quali sia eventualmente pendente una azione di riscossione od altre”.

Cassazione penale sez. III 20 novembre 2015 n. 3539 : “È configurabile il concorso tra il delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte e quello di bancarotta fraudolenta per distrazione”.


TITOLO III
DISPOSIZIONI COMUNI

ARTICOLO N.12

Pene accessorie.

1. La condanna per taluno dei delitti previsti dal presente decreto importa:

a) l'interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese per un periodo non inferiore a sei mesi e non superiore a tre anni;

b) l'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione per un periodo non inferiore ad un anno e non superiore a tre anni;

c) l'interdizione dalle funzioni di rappresentanza e assistenza in materia tributaria per un periodo non inferiore ad un anno e non superiore a cinque anni;

d) l'interdizione perpetua dall'ufficio di componente di commissione tributaria;

e) la pubblicazione della sentenza a norma dell'art. 36 del codice penale.

2. La condanna per taluno dei delitti previsti dagli articoli 2, 3 e 8 importa altresì l'interdizione dai pubblici uffici per un periodo non inferiore ad un anno e non superiore a tre anni, salvo che ricorrano le circostanze previste dagli articoli 2, comma 3, e 8, comma 3.

2-bis. Per i delitti previsti dagli articoli da 2 a 10 del presente decreto l'istituto della sospensione condizionale della pena di cui all'articolo 163 del codice penale non trova applicazione nei casi in cui ricorrano congiuntamente le seguenti condizioni: a) l'ammontare dell'imposta evasa sia superiore al 30 per cento del volume d'affari; b) l'ammontare dell'imposta evasa sia superiore a tre milioni di euro(1).

(1) Comma aggiunto dall'articolo 2, comma 36-vicies semel, lett. h) del D.L. 13 agosto 2011, n. 138; vedi anche il comma 36-vicies bis del medesimo articolo 2.

ARTICOLO N.12 bis

Confisca (A)

1. Nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale per uno dei delitti previsti dal presente decreto, e' sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non e' possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto.

2. La confisca non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all'erario anche in presenza di sequestro. Nel caso di mancato versamento la confisca e' sempre disposta.

(A) Articolo inserito dall'articolo 10, comma 1, del D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158.

ARTICOLO N.13

Causa di non punibilità. Pagamento del debito tributario (A)

1. I reati di cui agli articoli 10-bis, 10-ter e 10-quater, comma 1, non sono punibili se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all'accertamento previste dalle norme tributarie, nonché del ravvedimento operoso.

2. I reati di cui agli articoli 4 e 5 non sono punibili se i debiti tributari, comprese sanzioni e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, a seguito del ravvedimento operoso o della presentazione della dichiarazione omessa entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d'imposta successivo, sempreché il ravvedimento o la presentazione siano intervenuti prima che l'autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell'inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali.

3. Qualora, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, il debito tributario sia in fase di estinzione mediante rateizzazione, anche ai fini dell'applicabilità dell'articolo 13-bis, e' dato un termine di tre mesi per il pagamento del debito residuo. In tal caso la prescrizione e' sospesa. Il Giudice ha facolta' di prorogare tale termine una sola volta per non oltre tre mesi, qualora lo ritenga necessario, ferma restando la sospensione della prescrizione.

(A) Articolo modificato dall'articolo 2, comma 36-vicies semel, lett. i) ed m)del D.L. 13 agosto 2011, n. 138; vedi anche il comma 36-vicies bis del medesimo articolo 2. Successivamente articolo sostituito dall'articolo 11, comma 1, del D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158 .

Cassazione penale sez. III 25 novembre 2015 n. 1355 : “Anche in caso di procedure conciliative o di adesione, presupposto della applicabilità della circostanza attenuante di cui all'art. 13 d.lg. n. 74 del 2000 (nella formulazione antecedente alla modifica apportata dal d.lg. n. 158 del 2015, applicabile ratione temporis alla presente fattispecie) è l'intervenuta integrale estinzione del debito d'imposta”.

Cassazione penale sez. III 10 febbraio 2015 n. 11352 : “In tema di reati finanziari, l'attenuante speciale del pagamento del debito tributario, prevista dall'art. 13 d.lg. 10 marzo 2000 n. 74, non è applicabile in caso di adesione all'accertamento, atteso che il suo riconoscimento è subordinato all'integrale estinzione dell'obbligazione tributaria mediante il pagamento anche in caso di espletamento delle speciali procedure conciliative previste dalla normativa fiscale”.

Cassazione penale sez. III 16 luglio 2014 n. 37748 : “In tema di reati finanziari, l'attenuante speciale del pagamento del debito tributario, prevista dall'art. 13 d.lg. 10 marzo 2000 n. 74, non è applicabile in caso di rateizzazione del debito di imposta già iscritto a ruolo e indicato nella cartella di pagamento, atteso che il riconoscimento del beneficio è subordinato all'integrale ed effettiva estinzione dell'obbligazione tributaria”.

ARTICOLO N.13 bis

Circostanze del reato (A)

1. Fuori dai casi di non punibilità, le pene per i delitti di cui al presente decreto sono diminuite fino alla metà e non si applicano le pene accessorie indicate nell'articolo 12 se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all'accertamento previste dalle norme tributarie.

2. Per i delitti di cui al presente decreto l'applicazione della pena ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale può essere chiesta dalle parti solo quando ricorra la circostanza di cui al comma 1, nonché il ravvedimento operoso, fatte salve le ipotesi di cui all'articolo 13, commi 1 e 2.

3. Le pene stabilite per i delitti di cui al titolo II sono aumentate della metà se il reato e' commesso dal concorrente nell'esercizio dell'attività di consulenza fiscale svolta da un professionista o da un intermediario finanziario o bancario attraverso l'elaborazione o la commercializzazione di modelli di evasione fiscale.

(A) Articolo inserito dall'articolo 12, comma 1, del D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158 .

ARTICOLO N.14

Circostanza attenuante. Riparazione dell'offesa nel caso di estinzione per prescrizione del debito tributario.

1. Se i debiti indicati nell'art. 13 risultano estinti per prescrizione o per decadenza, l'imputato di taluno dei delitti previsti dal presente decreto può chiedere di essere ammesso a pagare, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, una somma, da lui indicata, a titolo di equa riparazione dell'offesa recata all'interesse pubblico tutelato dalla norma violata.

2. La somma, commisurata alla gravità dell'offesa, non può essere comunque inferiore a quella risultante dal ragguaglio a norma dell'art. 135 del codice penale della pena minima prevista per il delitto contestato.

3. Il giudice, sentito il pubblico ministero, se ritiene congrua la somma, fissa con ordinanza un termine non superiore a dieci giorni per il pagamento.

4. Se il pagamento è eseguito nel termine, la pena è diminuita fino alla metà e non si applicano le pene accessorie indicate nell'art. 12. Si osserva la disposizione prevista dal comma 3 dell'art. 13.

5. Nel caso di assoluzione o di proscioglimento la somma pagata è restituita.

ARTICOLO N.15

Violazioni dipendenti da interpretazione delle norme tributarie.

1. Al di fuori dei casi in cui la punibilità è esclusa a norma dell'art. 47, terzo comma, del codice penale, non danno luogo a fatti punibili ai sensi del presente decreto le violazioni di norme tributarie dipendenti da obiettive condizioni di incertezza sulla loro portata e sul loro ambito di applicazione.

ARTICOLO N.16

Adeguamento al parere del Comitato per l'applicazione delle norme antielusive.

[ 1. Non dà luogo a fatto punibile a norma del presente decreto la condotta di chi, avvalendosi della procedura stabilita dall'art. 21, commi 9 e 10, della legge 30 dicembre 1991, n. 413, si è uniformato ai pareri del Ministero delle finanze o del Comitato consultivo per l'applicazione delle norme antielusive previsti dalle medesime disposizioni, ovvero ha compiuto le operazioni esposte nell'istanza sulla quale si è formato il silenzio-assenso.] (1)

(1) Articolo abrogato dall'articolo 14, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158 .

ARTICOLO N.17

Interruzione della prescrizione.

1. Il corso della prescrizione per i delitti previsti dal presente decreto è interrotto, oltre che dagli atti indicati nell'art. 160 del codice penale, dal verbale di constatazione o dall'atto di accertamento delle relative violazioni.

1-bis. I termini di prescrizione per i delitti previsti dagli articoli da 2 a 10 del presente decreto sono elevati di un terzo (1).

(1) Comma aggiunto dall'articolo 2, comma 36-vicies semel, lett. l) del D.L. 13 agosto 2011, n. 138; vedi anche il comma 36-vicies bis del medesimo articolo 2.

Cassazione penale sez. III, 07/06/2016, n. 44584 : “Per l'applicazione dei principi stabiliti dalla sentenza Taricco in tema di prescrizione rilevano la quantità dell'imposta evasa e le modalità attraverso le quali la frode è stata posta in essere. In tale concetto sono incluse non soltanto le fattispecie che contengono il requisito della fraudolenza nella descrizione della norma penale (artt. 2, 3 e 11, d.lg. n. 74 del 2000), ma anche le altre fattispecie che, pur non richiamando espressamente tale connotato della condotta, siano dirette all'evasione dell'IVA”.

Cassazione penale sez. IV 03 marzo 2016 n. 24691 : “In tema di reati tributari, il termine di prescrizione del reato di omessa dichiarazione, di cui all'art. 5, D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, decorre non dal giorno in cui l'accertamento del debito di imposta diviene definitivo, ma dal novantunesimo giorno successivo alla scadenza del termine ultimo stabilito dalla legge per la presentazione della dichiarazione annuale”.

Cassazione penale sez. III 21 aprile 2015 n. 19358 : “Ai sensi dell'art. 17 d.lg. n. 74 del 2000, il corso della prescrizione è interrotto, oltre che dagli atti indicati nell'art. 160 c.p., dal verbale di constatazione o dall'atto di accertamento delle relative violazioni”.

ARTICOLO N.18

Competenza per territorio.

1. Salvo quanto previsto dai commi 2 e 3, se la competenza per territorio per i delitti previsti dal presente decreto non può essere determinata a norma dell'art. 8 del codice di procedura penale, è competente il giudice del luogo di accertamento del reato.

2. Per i delitti previsti dal capo I del titolo II il reato si considera consumato nel luogo in cui il contribuente ha il domicilio fiscale. Se il domicilio fiscale è all'estero è competente il giudice del luogo di accertamento del reato.

3. Nel caso previsto dal comma 2 dell'art. 8, se le fatture o gli altri documenti per operazioni inesistenti sono stati emessi o rilasciati in luoghi rientranti in diversi circondari, è competente il giudice di uno di tali luoghi in cui ha sede l'ufficio del pubblico ministero che ha provveduto per primo a iscrivere la notizia di reato nel registro previsto dall'art. 335 del codice di procedura penale.

Cassazione penale sez. III, 04/06/2014, n. 37858 : “In tema di reati tributari, la competenza per territorio determinata dalla connessione per i reati di emissione di false fatture e di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti, trattandosi in ogni caso di reati di pari gravità, per la irrilevanza ex art. 4 c.p.p. della configurabilità di eventuali circostanze attenuanti, appartiene a norma dell'art. 16 c.p.p. al giudice del luogo dove è stato commesso il primo reato, non potendo trovare applicazione i criteri previsti dall'art. 18 d.lg. n. 74 del 2000, posto che questi ultimi sono applicabili solo quando è contestato un "singolo reato tributario”.

ARTICOLO N.18 bis

Custodia giudiziale dei beni sequestrati (A)

1. I beni sequestrati nell'ambito dei procedimenti penali relativi ai delitti previsti dal presente decreto e a ogni altro delitto tributario, diversi dal denaro e dalle disponibilita' finanziarie, possono essere affidati dall'autorità giudiziaria in custodia giudiziale, agli organi dell'amministrazione finanziaria che ne facciano richiesta per le proprie esigenze operative.

2. Restano ferme le disposizioni dell'articolo 61, comma 23, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e dell'articolo 2 del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2008, n. 181.

(A) Articolo inserito dall'articolo 13, comma 1, del D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158.


TITOLO IV
RAPPORTI CON IL SISTEMA SANZIONATORIO AMMINISTRATIVO E FRA PROCEDIMENTI

ARTICOLO N.19

Principio di specialità.

1. Quando uno stesso fatto è punito da una delle disposizioni del titolo II e da una disposizione che prevede una sanzione amministrativa, si applica la disposizione speciale.

2. Permane, in ogni caso, la responsabilità per la sanzione amministrativa dei soggetti indicati nell'art. 11, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, che non siano persone fisiche concorrenti nel reato.

ARTICOLO N.20

Rapporti tra procedimento penale e processo tributario.

1. Il procedimento amministrativo di accertamento ed il processo tributario non possono essere sospesi per la pendenza del procedimento penale avente ad oggetto i medesimi fatti o fatti dal cui accertamento comunque dipende la relativa definizione.

ARTICOLO N.21

Sanzioni amministrative per le violazioni ritenute penalmente rilevanti.

1. L'ufficio competente irroga comunque le sanzioni amministrative relative alle violazioni tributarie fatte oggetto di notizia di reato.

2. Tali sanzioni non sono eseguibili nei confronti dei soggetti diversi da quelli indicali dall'art. 19, comma 2, salvo che il procedimento penale sia definito con provvedimento di archiviazione o sentenza irrevocabile di assoluzione o di proscioglimento con formula che esclude la rilevanza penale del fatto. In quest'ultimo caso, i termini per la riscossione decorrono dalla data in cui il provvedimento di archiviazione o la sentenza sono comunicati all'ufficio competente; alla comunicazione provvede la cancelleria del giudice che li ha emessi.

3. Nei casi di irrogazione di un'unica sanzione amministrativa per più violazioni tributarie in concorso o continuazione fra loro, a norma dell'art. 12 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, alcune delle quali soltanto penalmente rilevanti, la disposizione del comma 2 del presente articolo opera solo per la parte della sanzione eccedente quella che sarebbe stata applicabile in relazione alle violazioni non penalmente rilevanti.


TITOLO V
DISPOSIZIONI DI COORDINAMENTO E FINALI

ARTICOLO N.22

Modalità di documentazione dell'avvenuta estinzione dei debiti tributari.

1. Con decreto del Ministero delle finanze, emanato entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, sono stabilite le modalità di documentazione dell'avvenuta estinzione dei debiti tributari indicati nell'art. 13 e di versamento delle somme indicate nell'art. 14, comma 3.

ARTICOLO N.23

Modifiche in tema di utilizzazione di documenti da parte della Guardia di finanza.

1. Nell'art. 63, primo comma, secondo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e nell'art. 33, terzo comma, secondo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, le parole: "previa autorizzazione dell'autorità giudiziaria in relazione alle norme che disciplinano il segreto" sono sostituite dalle seguenti: "previa autorizzazione dell'autorità giudiziaria che può essere concessa anche in deroga all'art. 329 del codice di procedura penale".

ARTICOLO N.24

Modifica dell'art. 2 della legge 26 gennaio 1983, n. 18.

1. L'ottavo comma dell'art. 2 della legge 26 gennaio 1983, n. 18, è sostituito dal seguente:

"Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque manomette o comunque altera gli apparecchi misuratori previsti nell'art. 1 o fa uso di essi allorché siano stati manomessi o alterati o consente che altri ne faccia uso al fine di eludere le disposizioni della presente legge è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 1.032 a euro 7.746. Con la stessa sanzione è punito, salvo che il fatto costituisca reato, chiunque, allo stesso fine, forma in tutto o in parte stampati, documenti o registri prescritti dai decreti indicati nell'art. 1 o li altera e ne fa uso o consente che altri ne faccia uso; nonché chiunque, senza avere concorso nella falsificazione, fa uso degli stessi stampati, documenti o registri.".

ARTICOLO N.25

Abrogazioni.

1. Sono abrogati:

a) l'art. 97, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602;

b) l'art. 8, undicesimo comma, della legge 10 maggio 1976, n. 249;

c) l'art. 7, settimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 6 ottobre 1978, n. 627;

d) il titolo I del decreto-legge 10 luglio 1982, n. 429, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1982, n. 516;

e) l'art. 3, quarto comma, della legge 25 novembre 1983, n. 649;

f) l'art. 2, quarto comma, del decreto-legge 29 dicembre 1983, n. 746, convertito, con modificazioni, nella legge 27 gennaio 1984, n. 17;

g) l'art. 1, quarto comma, secondo periodo, del decreto-legge 28 novembre 1984, n. 791, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 gennaio 1985, n. 60;

h) l'art. 2, commi 27 e 28, e l'art. 3, comma 14, del decreto-legge 19 dicembre 1984, n. 853, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 febbraio 1985, n. 17;

i) l'art. 12, comma 13, della legge 30 dicembre 1991, n. 413;

l) l'art. 54, comma 8, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427;

m ) l'art. 6, comma 1, del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30.

2. E' abrogata ogni altra disposizione incompatibile con il presente decreto.